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Grazia Varisco. Sensibilità percettive nel paesaggio senziente

La mostra dedicata alla celebre artista in programma alla Fondazione Biscozzi Rimbaud di Lecce, fino all’8 gennaio 2023


Grazia Varisco Sensibilità percettive nel paesaggio senziente | Fotografie di Dante Sacco


Inaugurata la mostra di Grazia Varisco a Lecce presso la Fondazione Biscozzi Rimbaud alla presenza della stessa artista milanese. Qui Grazia Varisco si lascia osservare e fotografare tra le sue opere mentre, convinta e libera, traccia col dito le azioni e le riflessioni che l’hanno portata a fermare il tempo, lo spazio ed i riflessi della luce offerti ora dentro e fuori dalle cornici, ora in telai industriali. La mostra svela un percorso di sessanta anni che prende il passo dal timido collage di carta su legno (Tema e svolgimento, 1957-1959), monocroma riflessione atta allo sviluppo dell’idea di creazione dalla materia non nobile. Sembrano frammenti di sguardi e curiosità le sue opere scelte, prendono forma come tenacia della predilezione di Grazia Varisco e inconsapevole opzione dell’essere “Artista in uno spazio più ampio e più libero”, come lei stessa si racconta.



La T, che sta per tempo, è ancora la costanza e il paradigma che permette di leggere le opere esposte, disincagliate dal limite della cornice, pronte a proiettarsi fisicamente, ingombrare lo spazio fisico che le ospita e sfiorare quasi il visitatore che deve esser accorto tra acumi di carta piegata e schiere di chiodi che arrivano ad equilibrare una precaria installazione sulla parete (Spazio Potenziale, 1976).



Lo spazio occupato dalla mostra si comporta in simbiosi non come contenitore fisico ma come universo imploso dove il tempo è dato dall’ombra e dall’interazione dell’aria e dell’ombra determinate dal visitatore, nel quale condividere, complice di un viaggio inumano, un racconto personale. Perché nell’infinita manifestazione dell’arte che abbiamo avanti, non viene meno un elemento altrettanto inesauribile e intricata che è l’Artista e la sua storia. La sintesi pare sia nei Quadri comunicanti (2008) e nel Filo Rosso (2009) a rappresentare un paesaggio senziente da toccare e, non da statico sfollato, nel quale vincere la scommessa del gioco in un mondo non più confinato, dove il gioco prende il passo e il poter toccare l’arte diventa invito e convinzione d’esser narratore “in equilibrio incerto fra contenitore e contenuto, fra pieno e vuoto”.





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