L'opera di Franco Albini e Franca Helg fa parte del prezioso e delicato patrimonio culturale e architettonico toscano
Casa Allemandi, Castiglione della Pescaia (GR) - Foto d'epoca
Negli anni ’60 grandi architetti e illuminate committenze, hanno lasciato sul territorio comunale di Castiglione della Pescaia, in particolar modo a Punta Ala e a Roccamare, un patrimonio costruito in molti casi di notevole valore architettonico, urbano e paesaggistico. Un patrimonio diffuso, consistente e diversificato, che ha determinato trasformazioni profonde sul territorio, connotandone l’immagine in termini anche riqualificanti.
Per tutelare e valorizzare questo patrimonio, troppo spesso ancora non riconosciuto come tale, fu avviata agli inizi degli anni Duemila, una intensa opera di conoscenza.Tra le attività più significative ci fu la Catalogazione delle architetture italiane del secondo Novecento, attivato dall’allora DARC (Direzione generale per l’Arte e l’Architettura Contemporanee, oggi ridefinita come “Direzione Generale Creatività contemporanea e Rigenerazione urbana”), del MiBAC, e portato avanti regionalmente da Soprintendenze e Istituzioni riconosciute.
Casa Allemandi come si presentava prima degli interventi | Photo © Marco Del Francia
L’allora Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Siena e Grosseto fu tra le prime in Italia a condurre questa campagna. Per testimonianza diretta, avendo fatto parte di quel gruppo di lavoro, ho ben presente come a Punta Ala – qui più che altrove – il fare contemporaneo avesse dato luogo ad un’alta qualità architettonica, esaltando i valori identitari dei luoghi da cui le architetture stesse avevano tratto linfa progettuale in un’azione di dialogo, fatto anche per differenze. La catalogazione aveva anche lo scopo di salvaguardare in qualche modo quelle opere che per motivi anagrafici non potevano ancora (e non possono ancora ad oggi) beneficiare di adeguata tutela (vincolo); la loro presenza in un catalogo costituiva sostanzialmente una forma di protezione indiretta, riconoscendogli pari dignità rispetto alle testimonianze del passato.
Prospettiva, matita su carta, di Franco Albini
Nel territorio di Castiglione della Pescaia emersero così opere di architetti riconosciuti nazionalmente e internazionalmente (Ernesto Nathan Rogers, Ignazio Gardella, Roberto Gabetti e Aimaro Isola, Franco Albini, Ludovico Quaroni) e architetti toscani meno famosi, ma progettualmente non meno dotati, come Walter Di Salvo, Ugo Miglietta, Francesco Paolo Piemontese, Pier Niccolò Berardi e altri. Seguirono convegni di studio, pubblicazioni, conferenze, giornate del FAI appositamente costruite su percorsi del contemporaneo a Punta Ala. E ancora l’attivazione di ricerche scientifiche e tesi di laurea sul patrimonio architettonico del territorio di Castiglione della Pescaia. Tutto per mantenere alta l’attenzione su questo delicato patrimonio; per riconoscerlo anzitutto, comprenderne e apprezzarne il valore culturale, storico e documentario, e per garantirne infine la protezione attraverso le operazioni possibili.
Molte di queste opere sono state oggetto di pubblicazioni sulle maggiori riviste del tempo e in guide di architettura oggi stampate a seguito della loro riscoperta. Oggi proprio su una di queste opere, Casa Allemandi di Franco Albini, del 1959-60, è stato perpetuato uno scempio. Non è bastato che il Comune, recependo all’epoca la catalogazione della Soprintendenza, schedasse l’edificio (all’interno della classificazione del patrimonio edilizio comunale) in “B1 - edifici di valore architettonico e/o documentario”. Una dicitura inutile, visto che le categorie di intervento ammesse infatti, consentono – come di fatto è successo – che con una semplice SCIA di lavori di manutenzione straordinaria, si possa far tabula rasa di infissi, intonaci, manti di copertura, pavimenti, strutture lignee portanti (a vista) e altro ancora.
Pianta della casa
Nonostante il prodigarsi di istituzioni come Do.Co.Mo.Mo. Italia, AAA/Italia ed altri enti preposti alla tutela dell’architettura moderna e contemporanea, non si riesce ancora a far condividere principi e valori di questo patrimonio culturale e la loro valutazione critica; non si riesce di conseguenza a relazionare vincoli di tutela e pianificazione urbanistica. E non è stato sufficiente, evidentemente, l’intensa opera di sensibilizzazione fatta in questi anni sul territorio, grazie anche alla rivista “Architetture Grosseto”, che ad ogni numero proponeva le particolari opere di Punta Ala e dei suoi protagonisti architetti. L’interazione tra organi di vigilanza, tecnici e proprietari ha delle evidenti falle. E Casa Allemandi ne è palese testimonianza. La scarsa consapevolezza culturale della committenza (voglio lasciare il dubbio che sia questa la motivazione) ha portato addirittura a incaricare un geometra per i lavori da eseguire sull’opera.
Se la legittimità dell’intervento è garantita a livello normativo, intellettualmente e culturalmente non si può non rilevare i limiti di una preparazione tecnica, umanistica e scientifica che viene meno a un geometra nell’affrontare un simile incarico. Perché qui quello che si sostiene è un principio che va oltre le questioni di mera competenza ai sensi di legge; qui si vuole affermare un principio di carattere culturale, strettamente connesso alla specifica preparazione didattica e di conoscenza, che prepara chi di dovere (architetto, storico) a tutelare il patrimonio monumentale del Paese, trattandosi – nel caso di intervento su un’opera come quella di Albini, sebbene non vincolata - di scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell'ambito di simili attività.
Foto d'epoca
Probabilmente qualsiasi giudice mi darebbe torto, perché i piani di quel che è giusto da quel che è legale, spesso non corrispondono, per un’arretratezza dell’apparato normativo che non va a braccetto con le istanze culturali che infatti hanno portato a compiere - in spregio al valore dell’opera, in un’azione di arroganza professionale – disastri su capolavori del dopoguerra. Quello che preoccupa, con il precedente a cui si è dato vita, è che a rischiare la stessa fine di Casa Allemandi, siano altre preziosissime opere site in Punta Ala. Pensiamo a villa Di Salvo, censita dal MIBACT addirittura come opera di eccellenza nel patrimonio dell’architettura del Novecento in Toscana, che non rientra neppure, a livello di Regolamento Urbanistico, tra gli “edifici di valore architettonico e/o documentario”, come con la casa di Albini. Paradosso per cui potrebbe anche essere totalmente demolita e ricostruita diversamente.
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