- Maria Gabriella Frabotta
Un muro fatto di mare
Le porte aperte o chiuse della psiche. La porta che accoglie, la porta che isola. La porta come metafora di pace e di sofferenza

Il muro, non preso esclusivamente in una simbologia d’angoscia, compare nei nostri sogni fino a portarci all’ingresso della Casa come atto fondativo dell’Amore, dall’amore di coppia all’amor famigliare con una speranza di affidamento e responsabilità. Chi non ricorda il gesto antico della sposa sollevata dal braccio dello sposo attraversando la soglia? Immagine quella della soglia come di un varco che evoca affidamento e responsabilità. I reportage televisivi restituiscono spesso un fisso rituale ripetitivo con inquadrature di normalità davanti a quella “porta” di casa, dove si è consumata inaspettatamente la violenza famigliare.
Quando a Berlino si ebbe coraggio di rappresentare l’Olocausto, venne costruita una stanza senza finestre dove era possibile entrare tra muri alti costruiti con un orientamento obliquo. La violenza di questo tipo di spazio crea un inevitabile s-paesamento. [...]
Barche sbilenche da anni lo solcano con famiglie dolenti che abbandonano la loro terra senza ritorno alle loro case. Questo mare è cintato da coste, non lontane da una natura estrema per l’uomo come il deserto. Sia nel mare che nel deserto è difficile rintracciare confini ed appartenenze. Se ci siamo misurati nella nostra vita non con l’obbligo del viaggiare, ma con l’incanto del viaggiatore sappiamo quanto è difficile disperderlo nell’inesauribile richiamo tra scene sempre mutevoli. In questo periglio alla ricerca di una “porta” che ci accolga sappiamo di dure non scelte. Se per alcuni quella porta si è socchiusa più che spalancata per altri ci sarà un estenuante attesa.

Passando dai sogni ad occhi aperti, che permettono di viaggiare a fianco dei nostri desideri o con la fantasia o con la realtà, nel sogno onirico è rappresentata la metafora del mito freudiano che ci avvicina all’ingresso dell’Ade. [...] L’affinità tra spazio immaginativo e ombra della malinconia richiede un costo dove il barlume creativo è accettabile e posseduto solo a patto di essere perduto per sempre. Platone lo descrive come “pittura” dell’anima.
Sono queste le porte aperte o chiuse della Psiche. È l’arte a rendere visibile, dietro la persona, ogni forma che si sottrae e svanisce. Mi piace chiudere questa piccola meditazione sugli spazi confinati da muri chiusi, aperti o socchiusi, con una descrizione esemplare di D.W.Winnicot: " Provate ad immaginare un bambino custodito da uno spazio chiuso, immerso nei suoi giochi.
Potrete verosimilmente assistere a due situazioni. Nella prima scena un pianto fa aggrappare il bimbo alla rete di protezione, dopo la scomparsa al suo sguardo della figura materna, in una seconda scena, il piccolo è seduto, raccolto ed immerso in un gioco elementare di trasformazione del più semplice dei giocattolini lasciati intorno a lui dalla mano materna. “Sarà un mistico o un artista?(…)”.
Lo psicanalista e pediatra di tanti bimbi potrà così parlarci della capacity to be alone.
Estratto dell'articolo pubblicato su ArtApp 17 | LA PORTA

Chi è | Maria Gabriella Frabotta
Psicanalista a formazione Lacaniana, membro titolare della S.I.Ps.A. (Società Italiana di Psicodramma Analitico). Ha collaborato al Centro Culturale di Virginia Wolf Università delle Donne di Roma, da anni conduce ricerche sui gruppi per coniugare femminismo e psicanalisi con interesse alla formazione dell'identità nel rapporto tra madre e figlia. Ha aperto un gruppo di ricerca sulla crisi della struttura famigliare in particolare italiana che riguarda il matricidio e il femminicidio.
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