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Visibilium et Invisibilium


Lo street artist Edoardo Tresoldi autore di una imponente installazione metafisica a Siponto


Edoardo Tresoldi, Dove l'arte ricostruisce il tempo. Siponto | Foto © Giacomo Pepe

Siponto, frazione di Manfredonia (Ba) è una delle più antiche città italiane, fondata da Diomede divenne una delle più importanti colonie romane. Grazie ad un'abbondante documentazione lasciata da Strabone, Plinio, Tolomeo, Lucano e Orazio si è potuto risalire alla sua storia, sappiamo che fu abbandonata dai suoi abitanti nel XIII sec. a seguito di continue scosse di terremoto, e oggi è tornata alla ribalta dei media per gli scavi archeologici che interessano l'età medioevale della città, e che hanno portato alla luce i resti della Basilica di Santa Maria Maggiore di età paleocristiana, a tre navate con abside centrale e pavimento a mosaico, che fu la sede di una delle più importanti diocesi della regione. [...]

Dove l'arte ricostruisce il tempo, questo è il titolo del progetto artistico, grazie al quale i volumi della Basilica oggi si elevano possenti e al contempo immateriali, grazie ad un incastro di reti metalliche elettrosaldate che l'artista Edoardo Tresoldi ha utilizzato per plasmare le forme dell’opera, attraverso un paziente lavoro di piegature e saldature. Sono stati giuntati 4.500 mq. di rete zincata, deformata per ricostruire cupola, abside, colonne e archi. L'artista lombardo, classe '87, ha cercato, e trovato, un connubio inedito tra la memoria storica di una costruzione scomparsa e l'arte contemporanea, offrendo ai visitatori del sito un'immagine straordinaria, una sorta di proiezione olografica di un edificio che non sembra esistere, una visualizzazione wireframe dove le linee costruttive sono visibili mentre le facce dei solidi sono trasparenti e consentono la vista del panorama intorno.

Edoardo Tresoldi è considerato uno dei talenti della street art italiana, a lui sono stati affidati interventi importanti, come Siponto o le installazioni alla Vigna di Leonardo a Milano. Con lui collabora una squadra di “addetti ai lavori” in cui l’età media è 25 anni, la sua bravura artistica e il valore delle sue opere sono stati riconosciuti dai Direttori di Sovrintendenza ed Ente Paesaggistico che non hanno esitato a condividere con lui l'ambiziosa idea di aggiungere agli scavi di un sito archeologico la terza dimensione e ricrearne le suggestioni e le emozioni di chi viveva al tempo in cui gli scavi erano delle costruzioni abitate, come nel caso della basilica sipontina. [...]

Domando all'archeologo Stefano Campana, specializzato in archeologia paesaggistica, che da molti anni lavora sulla comprensione dei paesaggi, dalla preistoria fino ai giorni nostri, con particolare riguardo alla fine dell'antichità e al primo medioevo: «a suo avviso, la realizzazione di questa struttura, che ricostruisce in modo scenografico una basilica scomparsa aggiunge un valore storico allo scavo?» «Assolutamente si – mi risponde – per definizione, qualunque attività umana aggiunge un pezzettino di storia che, a seconda dei contesti culturali e delle epoche, potrà essere giudicata in maniera diversa. Intervenire su un sito archeologico significa intervenire sulla memoria storica e collettiva di un territorio.

Rappresenta quindi un intervento straordinariamente delicato che va condotto con grande sensibilità e rispetto non solo per il luogo in sé ma anche per il valore simbolico e identitario che quei luoghi con le loro suggestioni evocano per le comunità locali. Va inoltre considerato un altro aspetto fondamentale; uno scavo è un’operazione irripetibile poiché scavare significa distruggere gran parte delle stratificazioni esponendo ciò che non viene rimosso, in genere, i resti delle strutture architettoniche alle intemperie.

Restauro, conservazione e valorizzazione sono altre tre parole chiave che vanno sempre tenute presenti. O si mettono in pratica o non vi è alternativa a ricoprire di nuovo tutto con la terra. Siponto presenta una situazione con forti analogie con un sito sul quale lavoro con i miei collaboratori da più di 15 anni, Pava. Scavo straordinario di grande valore storiografico anche internazionale, ma povero di elementi monumentali e anche per questo motivo molto difficile da comunicare al pubblico che visita il luogo. Condividere in primo luogo attraverso la comunicazione con il pubblico i risultati degli scavi è ormai un sentimento fortemente diffuso. In alcuni casi, quali ad esempio il caso di Siponto, la questione è stata affrontata declinando, a mio avviso in modo molto efficace, l’archeologia con l’arte e l’architettura [...].

La ricostruzione di un contesto archeologico rappresentata la materializzazione dell’interpretazione archeologica, la forma massima di comunicazione. Se nel ricostruire i volumi e gli spazi si riesce, in modo coerente con il contesto, a generare emozioni che aiutano a scolpire nella mente del visitatore la memoria del luogo direi che obiettivo più alto non potrebbe essere raggiunto.»

Estratto dall'articolo pubblicato su ArtApp 18 | L'UTOPIA

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© Edizioni Archos

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