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Al posto dei figli

Dall’evento biblico del sacrificio di Isacco, raffigurato in un mosaico della basilica di San Vitale a Ravenna, parte la riflessione dell’autore sugli eccidi di Gaza e Ucraina



Nella meravigliosa città di Ravenna dove sono venuto ad abitare e a concludere il mio percorso di vita, umana e artistica, mi basta uscire in ore e giorni anti-turistici per potermi godere in assoluta concentrata solitudine la fantasmagoria dei mosaici che si stagliano sulle pareti dei monumenti bizantini. E così vado scoprendo di volta in volta elementi o particolari che mi emozionano e mi danno da pensare. Nella escheriana basilica di San Vitale, dove le volte si perdono intersecandosi tra loro e fanno perdere al visitatore il senso delle sue consolidate abitudini spaziali, tra i vari mosaici ecco raffigurata la famosa scena in cui Abramo sta per sacrificare il figlio Isacco, colta nell’attimo in cui il padre viene fermato dalla mano di Dio, che ha voluto portare Abramo fino a quel punto per vedere se davvero aveva fede in Lui.


Nei secoli questa scena (la chiamo così per l’evidente impianto teatrale in cui viene rappresentato l’attimo prima della decapitazione) di solito la mano di Dio viene sostituita dalla discesa di un angelo che blocca la mano assassina di Abramo. Come se Dio avesse bisogno, per agire più velocemente, di emissari alati più pronti al comando. Qui invece la scena viene rappresentata in una sublime sintesi. Pur essendo tessere incastrate tra loro, fissate in piano, una materia dunque dura e solida, il mosaico ha un movimento eccezionale, la mano di Abramo posata sulla testa del figlio per poterlo colpire meglio con la spada, e la mano di Dio che compare lassù in mezzo alle nuvole, formano una unica diagonale che accentua il movimento in avanti, verso l’altare, del corpo di Abramo nell’atto di colpire. Ma l’elemento più stupefacente è in basso a sinistra. Un agnello che con la bocca tira con forza la tunica di Abramo con un contro-movimento che sposta la tensione accumulata dal corpo del padre.


L’agnello sta tirando via letteralmente Abramo ma, mentre la mano di Dio è una mano lontana che fa capolino tra le nuvole e non agisce sulla fisicità dell’atto ma è imperativa, Abramo ne è catturato al punto che non guarda più il collo del ragazzo che dovrà colpire, forse sta ascoltando la voce divina che lo ferma e che noi dobbiamo immaginare, al contrario l’agnello è assai concreto, afferra la stoffa, tira il lembo, sta dicendo ad Abramo di lasciar perdere, lo blocca nel corpo. E così facendo sta anche dichiarandosi pronto alla sostituzione che da lì in poi si farà, al posto del figlio ci sarà lui, sgozzato allo stesso modo.


Ma è da tempo ormai, da troppo tempo che nessun angelo viene più a fermare la mano dei tanti Padri della Patria, che mandano quotidianamente a sacrificarsi migliaia di figli, per poter mantenere il loro potere. Forse gli angeli hanno perso velocità, le ali vengono sospinte via, come scriveva Walter Benjamin, dal vento maestoso del Progresso che impedisce loro di fermare il massacro. E nessun agnellino viene a tirare per la falda dei pantaloni Putin o Netanyahu nell’atto di comandare gli eccidi. Anche gli agnelli, da sempre silenziosamente troppo innocenti, non arrivano mai in tempo, sono già stati sgozzati a centinaia di migliaia per festeggiare le ricorrenze delle tre religioni del libro, ebraica cristiana e musulmana, quando la mattanza dei piccoli corpi serve a riempire le tavole imbandite.


E se pure mettessimo l’agnello sull’altare al posto del povero Isacco che se ne sta lì incredulo di tanta crudeltà paterna, con le mani legate in attesa di essere sgozzato da soldati fanatici eccitati dalla violenza subita e restituita, se pure riuscissimo a immaginare l’agnello, lì sull’altare, nessun Dio si sognerebbe di impedire la mattanza, l’agnello è solo un animale e non è stato creato a immagine e somiglianza di Dio come noialtri eletti, che abbiamo il compito, come indicato da sacre scritture, di dominare gli altri esseri viventi.


I padri delle patrie, paternalisticamente padreterni, ripetono il gesto di Abramo moltiplicato per milioni di volte, con la certezza della fede costruita appositamente per loro, per essere certi che le varie pulizie etniche che stanno compiendo sono segno del divino che accompagna i loro comandi. Resta solo la dolcezza infinita di quell’agnello che si sostituisce a Dio e tira via l’assassino prima di commettere il delitto. E guardandolo, nella quiete della basilica, percepisco le dita di quei mosaicisti sconosciuti che hanno sapientemente assemblato le tessere di quel piccolo animale e che forse, nel farlo, per un momento, hanno pianto, per un’improvvisa disperata compassione verso tutto il genere umano.

 

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