SGUARDI DIVERSI. Quando i robot incontrarono gli antichi Dei
- Redazione ArtApp
- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 3 min
Alla Fondazione Mudima di Milano apre una personale di Ale Guzzetti che ripercorre la lunga parabola creativa dell’artista, tra i primi in Italia a sondare il binomio arte e tecnologia

Ale Guzzetti, Robot VS Michelangelo (Daniele da Volterra), 2012
SGUARDI DIVERSI - Quando i robot incontrarono gli antichi Dei, è il titolo della mostra personale di Ale Guzzetti organizzata da Fondazione Mudima a Milano, dal 6 maggio al 6 giugno 2025. Curata da Gino Di Maggio, l’esposizione ripercorre la lunga parabola creativa dell’artista, tra i primi in Italia a sondare il binomio arte e tecnologia. A partire dai primi anni Ottanta, Guzzetti ha intrapreso una proficua ricerca creativa volta a esplorare i territori dell’arte elettronica e interattiva, fino a indagare le potenzialità della robotica, della stampa 3D e delle scansioni digitali. La mostra presenta un nucleo di opere emblematiche del suo percorso pionieristico, sculture e installazioni in cui figure plastiche e circuiti elettronici istituiscono un rapporto attivo con lo spettatore, costantemente stimolato a diventare co-produttore delle opere stesse.
«Il lavoro di Ale Guzzetti si propone di far convivere arte e scienza aprendo - tra i primi artisti al mondo - un nuovo percorso artistico in cui i materiali utilizzati diventano essi stessi linguaggio specifico. Sono opere interattive, ma a differenza di quanto già accaduto nella storia dell’arte, le sue creazioni sono autonome. È il caso dei suoi lavori più recenti dedicati alla robotica, in cui le sculture non sono solo osservabili, ma a loro volta ci osservano, o osservano altre sculture. Per gli esseri umani è una situazione nuova, forse inquietante, perché non siamo ancora preparati a dialogare, per lo meno con lo sguardo, con una presenza artificiale. Ma la presenza c'è e come, e fin da subito dobbiamo, noi umani, decidere se prestarci a un gioco a cui ancora non siamo pronti» commenta il curatore Gino Di Maggio.

Ale Guzzetti "3 muse", 2020
Accogliendo la sfida della complessità, teorizzata dall’epistemologo Edgar Morin, e collaborando con filosofi come Mauro Ceruti e Gianluca Bocchi - principali cultori in Italia della scienza della complessità - Guzzetti concepisce l’opera d’arte come un vero e proprio ecosistema, frutto delle interrelazioni con l’ambiente e delle connessioni che stabilisce con i fruitori. Sin dalle prime sperimentazioni, le sue opere si configurano come oggetti “senzienti”: è il caso delle Sculture sonore, a cui l’artista inizia a lavorare nel 1983, aggregazioni di oggetti in plastica (bottiglie, boe, tubi) che ospitano circuiti elettronici o dispositivi luminosi in grado di emettere rumori, voci e luci, a seconda del contatto, diretto o indiretto, con i visitatori.

Ale Guizzetti, Cleopatra, 2015
Le creature di Guzzetti sono “organismi tecnologici” in grado di dissolvere confini e limiti consolidati: quelli tra il mondo naturale e artificiale, tra spiritualità e tecnologia, classicità e modernità, passato e presente. Nelle sue opere sfuma la contrapposizione fra la sacralità dell’arte, che intimorisce e allontana, e l’ironia, che invita al coinvolgimento, al gioco e alla partecipazione. È il caso della serie Robot Portraits, caricature robotiche di personaggi famosi, reali o immaginari, inseriti all’interno di grandi cornici baroccheggianti. Profili di visi in resina e circuiti di Dante, Cleopatra, Cyrano, Federico da Montefeltro, Pinocchio, caratterizzati da grandi occhi tecnologici, grazie alla presenza di sensori, scrutano con curiosità ogni movimento. Tra le sculture e gli spettatori si instaura così un originale gioco di sguardi che sovverte continuamente le dinamiche tradizionali tra osservatore e oggetto osservato.

Ale Guzzetti, Affective Robots - Impossible kiss, 2012
Dall’antichità, passando per gli automi rinascimentali, fino ai robot e all’intelligenza artificiale, il sogno della scultura, sin dai tempi più remoti, è stato quello di replicare la vita. Il tentativo di creare opere d’arte autonome, infatti, è un tema che affonda le proprie radici nel mito greco di Dedalo, fautore di invenzioni antropomorfe straordinarie, in grado di muoversi e persino di parlare. Con Dedalo l’artista diviene mago, ha il potere non solo di imitare l’esistenza, ma di plasmarla, creando opere che hanno libertà di azione e si rapportano con i viventi. Le creature di Guzzetti si inseriscono in questo millennario filone di sperimentazione, e traggono da esso il potere di sollecitare la nostra curiosità, prima che l’inquietudine abbia il sopravvento.