Luigi Pericle, un artista ritrovato
La storia singolare di Luigi Pericle Giovannetti, che fu capace di raggiungere fama e successo ben due volte, in ambiti creativi differenti, facendosi chiamare in due modi diversi

Luigi Pericle "Matri Dei d.d.d." 1979-1980 | Tecnica mista su masonite, 30 x 42 cm
“Il caso Pericle” potrebbe funzionare come titolo per un articolo da rivista à la page, di quelle che si trovano dai parrucchieri in attesa del proprio turno o nelle sale d’aspetto di medici e dentisti. O potrebbe essere adatto a un regista che volesse trasporre in forma di thriller una delle vite più singolari tra quelle degli artisti del secolo scorso. Certo, nella storia dell’arte non mancano i cosiddetti “casi”, tra chi ha goduto (nel bene e nel male) di grandi attenzioni nel corso della propria esistenza per poi cadere nell’oblio per secoli interi fino alla clamorosa riscoperta novecentesca, come Caravaggio, e chi è stato com-pletamente ignorato in vita per diventare post mortem una delle personalità più idolatrate dal pubblico e dal mercato, come Van Gogh.
Ma l’epopea biografica, critica e artistica di Luigi Pericle Giovannetti (Basilea, 1916 – Ascona 2001) è davvero singolare, probabilmente unica. Fu capace di raggiungere fama e successo ben due volte, in ambiti creativi differenti, facendosi chiamare in due modi diversi, e riuscì pervicacemente a farsi dimenticare dal mondo ritirandosi in un’ostinata solitudine. Seppe catturare quell’attenzione che ogni artista vorrebbe, per poi tuffarsi volontariamente nelle dense coltri di un oblio dal quale, dopo circa tre lustri dalla sua morte, sembra finalmente riemergere.

Luigi Pericle "Ex Oriente Lux, Matri Dei d.d.d." 1973 | Tecnica mista su masonite, 80 x 130 cm
Giovannetti si affermò come illustratore e il suo nome (ma sarebbe meglio dire il suo cognome) era noto in tutto il mondo. Il suo personaggio più famoso è indubbiamente Max la marmotta, fumetto che spopolò in Europa, in Giappone e in America. Negli Stati Uniti le sue strisce venivano pubblicate sul Washington Post e sull’Herald Tribune. Amava muoversi in Ferrari e comprò un esemplare appartenuto in precedenza a Roberto Rossellini e Ingrid Bergman. Nel 1958, improvvisamente, distrusse i dipinti figurativi realizzati fino ad allora e iniziò a dedicarsi anima e corpo all’astrazione informale. Da quel momento iniziò a firmare i suoi disegni e i suoi quadri utilizzando esclusivamente il nome di Luigi Pericle, mentre il cognome Giovannetti venne destinato a identificare l’attività di illustratore e fumettista.
Come Luigi Pericle, nei primi anni Sessanta, divenne pittore di una certa notorietà: espose diverse volte presso la Arthur Tooth & Soons Gallery di Bruton Street a Londra e nel 1965 Herbert Read, uno dei fondatori dell’ICA (Institute of Contemporary Arts di Londra), e Hans Hess, museologo e curatore presso la York Art Gallery, organizzarono una sua mostra itinerante nei musei di York, Newcastle, Hull, Bristol, Cardiff e Leicester. Qualche anno più tardi, nel 1970, il grande pittore e regista di film astratti Hans Richter, dopo una visita all’atelier di Luigi Pericle, scrisse: “Quello che ho trovato è un lavoro grafico e di pittura alquanto rimarchevole, diverso da tutto ciò che ho trovato in pre-cedenza”. Il collezionista di Basilea Peter G. Staechelin, che divenne suo mecenate e nel 1959 gli donò la casa di Ascona nella quale avrebbe vissuto per il resto dei suoi giorni, acquistò numerose sue opere conservandole insieme a dipinti di Van Gogh, Gauguin, Cézanne, Manet, Monet, Picasso e Matisse.

Luigi Pericle "Matri Dei d.d.d." 1964 | China su carta, 42 x 60 cm
Proprio nel 1965, però, quando sembrava destinato a entrare definitivamente nel gotha dell’arte contemporanea, Luigi Pericle cambiò ancora una volta la direzione della propria esistenza e, ancora una volta, lo fece in maniera radicale. Decise di ritirarsi a vita privata, rifiutò tutte le numerose richieste di interviste e le prestigiose proposte di esposizioni, abbandonò ogni occasione di mondanità e vendette perfino la Ferrari. Fino al 1980 circa, nella propria casa di Ascona, lavorò con abnegazione e costanza instancabile, dando forma a un’imponente e interessante produzione di disegni e dipinti collocabili nell’ambito dell’arte informale, di indiscutibile qualità e originalità. All’inizio del penultimo decennio del XX secolo smise anche di dipingere, dedicandosi esclusivamente allo studio e alla scrittura per gli ultimi vent’anni della sua vita.
Esattamente tre lustri dopo la sua morte, nel 2016, Andrea e Greta Biasca-Caroni hanno acquistato Casa San Tommaso, sulle pendici del Monte Verità, che fu la dimora di Luigi Pericle per oltre quarant’anni. Insieme all’edificio, sono entrati in possesso di una parte importante della sua produzione di disegni e dipinti, oltre che della biblioteca e di documenti concernenti la sua vita e la sua attività. Da quel momento è iniziato un lavoro – ancora in corso – di studio, ricerca e valorizzazione per il quale è stato creato l’Archivio Luigi Pericle. L’interesse nei confronti dell’artista dimenticato è tornato a crescere in seguito a una serie di articoli comparsi sulla stampa italiana ed europea. Tra gli altri, hanno parlato di lui Susanna Koeberle sulla Neue Zürcher Zeitung, quotidiano edito a Zurigo, Paolo Manazza dalle colonne del Corriere della Sera, Chiara Gatti da quelle di Repubblica e Philippe Daverio in Arte & Dossier, rivista da lui diretta.

Luigi Pericle "Matri Dei d.d.d." 1974 | Tecnica mista su masonite, 21 x 30 cm
Ma la prima vera importante occasione per fare il punto sul lavoro di Luigi Pericle è stata la retrospettiva tenutasi alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia nel 2019, in concomitanza con l’edizione numero 58 della Biennale. A Venezia, per la prima volta dagli anni Sessanta, è stato esposto un congruo numero di pezzi che documentano ogni fase stilistica e ogni tecnica adottata dall’artista, consentendo finalmente una contestualizzazione critica della sua opera. Chi scrive si augura che queste brevi note abbiano suscitato nel lettore di artapp.it la curiosità di riscoprire un nuovo artista e desidera chiudere l’intervento senza mettere un punto fermo, lasciando aperto il discorso e rinnovando l’appuntamento con l’opera di Luigi Pericle in uno dei prossimi numeri della versione cartacea di Art App.
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