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Una scuola a colori

L'architetto deve tener conto che la scuola è il luogo del sapere e dell’educazione, ed anche il luogo della formazione per le giovani menti

Rendering del Nuovo Polo Scolastico di Monticiano (SI)

Come sono i bambini che frequentano la scuola? Come si muovono negli spazi? Quali relazioni e immaginari costruiscono con lo spazio, la luce, i colori, i suoni, i materiali? Di che spazi necessitano per crescere bene? Un progetto architettonico per l’infanzia non può esimersi da queste riflessioni. Questo scriveva Giancarlo De Carlo, quando progettava il nuovo polo per l’infanzia a Ravenna. Queste considerazioni, fatte da uno dei più grandi architetti italiani del novecento, confermano la tesi secondo la quale l’architettura rappresenta, per chi la progetta, una grande opportunità per realizzare un qualcosa a servizio della collettività ma soprattutto significa assumersi anche una grande responsabilità.

Ciò è tanto più vero in un periodo storico come quello che stiamo vivendo nel quale, come dice Lucien Kroll, l’egocentrismo architettonico ha prodotto e continua a produrre architetture estroverse ed arroganti; basti pensare alle scuole realizzate negli ultimi decenni che si contraddistinguono per l’eccessivo uso di colori e con un’articolazione degli spazi simili a quelli che si trovano nelle ludoteche o addirittura nei luna-park; sembra quasi che ci sia la mania di piacere a tutti i costi e di attirare ossessivamente l’attenzione del bambino. Forse, come talvolta accade, si è forzata, esasperandola, l’idea di Maria Montessori, cioè quella di una scuola di tipo familiare, la “casa dei bambini” come appunto la Montessori chiamò le sue istituzioni per la prima infanzia (più di un secolo fa!).

La nuova cultura introdotta da Maria Montessori, individua il bambino come un nuovo soggetto, diverso da com’è stato sempre considerato in passato. La scuola non è solo un luogo del sapere e dell’educazione, ma è un luogo della formazione che permetterà alle giovani menti di accrescere la propria esperienza. In questo contesto l’architettura assume un ruolo fondamentale che non può essere posto in secondo piano. Se ci si pensa bene, nei luoghi fisici di una scuola si entra bambini e si esce adolescenti. La fisicità dei luoghi deve quindi assumere la connotazione di un contesto, di un luogo simbolico e formativo. Mi piace ricordare alcuni esempi di edifici scolastici (in particolare per la prima infanzia) che hanno cercato di rifarsi al modello montessoriano: l’asilo di Ivrea (voluto da Adriano Olivetti e progettato da Figini e Pollini nel 1939) e la scuola dell’infanzia di Poggibonsi (SI), progettata da Mario Ridolfi nel 1960.

Entrambi rappresentano tentativi riusciti in cui lo “scopo dell’educazione non è di somministrare nozioni, ma piuttosto di offrire ai bambini la possibilità di un armonico sviluppo fisico, intellettuale ed emotivo in un ambiente tollerante e favorevole, cioè ricco di stimoli adeguati”. Queste considerazioni hanno guidato il progetto del Nuovo Polo Scolastico di Monticiano (SI) “Rita levi Montalcini”, che si è contraddistinto anche nell’approccio partecipato alla sua ideazione con tutti gli operatori del settore (insegnanti, dirigente scolastico, tecnici del comune, ecc.). Ad oggi è stata realizzata solo una parte attualmente funzionante (scuola elementare) che si caratterizza anche per uno studio specifico del ruolo del colore dei singoli ambienti scolastici che interagiscono con i bambini suscitando in loro l’interesse, la curiosità e la percezione dello spazio fisico.

Il progetto e la disposizione planimetrica dei singoli edifici si caratterizzano per determinare un ideale percorso didattico-formativo che inizia con le aule della scuola primaria (elementare) posizionate ad est in corrispondenza dell’ingresso della scuola, continua e si conclude ad ovest con le aule della scuola secondaria (primo grado - media) e coincide con il percorso giornaliero del sole.


© Edizioni Archos

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