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Architettura sensibile

Con un’omogeneizzazione globale in cui le variazioni climatiche naturali non sono più avvertibili, un nuovo modo di progettare gli spazi vitali restituisce all’uomo la capacità di “sentire” il suo ambiente



La piena convinzione dell’uomo di conoscere la natura e di saperla interpretare e controllare ha contribuito al proliferare del disordine climatico che oggi viviamo, accentuando la deriva degli spazi antropizzati e generando volumetrie dominate da un tempo autonomo, dove fattori come luce, aria e calore non sono più localizzati ma hanno assunto dimensioni planetarie. Questa omogeneizzazione climatica, estranea ai ritmi naturali di riferimento, è la realtà fuori dai ritmi naturali d’appartenenza in cui viviamo. All’interno di questa caotica omogeneizzazione spazio-temporale priva di riferimenti localizzati e localizzabili, l’architettura ha il compito di mettere ordine nelle forze della natura d’appartenenza con il tentativo di costruire luoghi che nascono da un ragionamento sui fenomeni ambientali e sulla loro spiegazione.


Le emozioni che uno spazio architettonico suscita nascono da condizioni fisiche inscindibili dal contesto di appartenenza, oggi purtroppo dimenticate. L’idea di spazio architettonico come organismo capace di instaurare legami con il luogo di appartenenza dovrebbe avere la capacità e la sensibilità di concepire spazi in armonia con le esigenze fisiologiche dell’uomo, creando edifici che reagiscono per forma alle sollecitazioni indotte dagli eventi ambientali del luogo di riferimento: architetture come fratture del continuum climatico, capaci di generare alterazioni che siano contemporaneamente climatiche, temporali e fisiologiche. L’ambiente naturale comunica con un proprio linguaggio il cui abbecedario è strutturato in forze sensibili come luce, vento, calore e odori e la cui azione è tale da condizionare ogni nostro comportamento, istante per istante. La comunicazione tra l’uomo e l’ambiente è legata all’esigenza umana di mantenere un certo equilibrio energetico con il contesto ambientale di riferimento, stabilizzando le proprie funzioni anche al variare delle condizioni ambientali esterne.


All’interno di uno spazio le sensazioni che si vivono non sono generate dalla luce, dalle ombre, dal caldo o dal freddo bensì è lo spazio stesso a essere sensazione, reso sensibile dalle superfici e dai materiali che si dispiegano coscientemente sotto l’azione delle forze sensibili esterne, rendendo così visibili quelle forze della natura che altrimenti non lo sarebbero. Prima di disegnare piante e sezioni l’architetto dovrebbe disegnare e progettare la struttura dello spazio vuoto, la sua dinamica, il suo mutare e il suo dissolversi così da definire la qualità spaziale dell’architettura sin dalle fase iniziali. Non è necessario inventare nuove forme, bensì captare le forze della natura e immortalarle in un momento ben preciso che rappresenta quello più consono per noi.

L’architettura non sarà semplice geometria ma anche energia: gli spazi verranno definiti per distorsioni termiche, dilatazione luminosa o per contrazioni fluide.


Sotto l’azione di una specifica forza sensibile, lo spazio vuoto subisce deformazioni proporzionate all’intensità della forza stessa e in relazione agli eventi ambientali specifici, facendogli assumere la posizione più naturale raccolta sotto l’azione della forza prevalente. Più che una composizione spaziale, bisognerebbe progettare paesaggi termici confinati, facendo assumere agli edifici nuove forme sia per processo che per contenuti, dove le persone possano denudarsi fisiologicamente e sensualmente. A un’architettura superficiale, la cui organicità tradizionale deve inevitabilmente essere superata in vista di nuove geometrie espressive e di nuovi possibili significati, è necessario sostituire un’architettura del luogo, che sappia porre attenzione alle esigenze fisiologiche dell’uomo prima che a esigenze espressive dell’architettura e che sia in grado di sensibilizzare quelle forze della natura che altrimenti non lo sarebbero: alla fine il potere persuasivo dell’architettura sarà espresso dall’equilibrio delle sensazioni che lo spazio architettonico riuscirà a emanare.




© Edizioni Archos

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