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Giocare, progettare, abitare: l’esperienza di OCRA Summer Camp

Un campo estivo di architettura e arte dove progettare diventa un modo per giocare, pensare lo spazio e immaginare nuovi modi di abitare il mondo.

II ragazzi di OCRA Summer Camp a Montalcino
I ragazzi di OCRA Summer Camp a Montalcino (SI). Foto © Scuola Permanente dell'Abitare

Ogni estate, tra le mura di un ex convento a Montalcino o tra le colline lombarde di Albino, succede qualcosa che non assomiglia a una lezione, né a un laboratorio nel senso scolastico del termine. È un’esperienza in cui il disegno, la materia, la luce, la misura e il tempo diventano gioco. Un gioco che insegna a costruire il mondo e a pensare lo spazio come qualcosa che ci riguarda, ci forma, ci educa. Sono gli OCRA Summer Camp, organizzati dalla Scuola Permanente dell’Abitare rivolti a bambini tra i 7 e i 13 anni.

Il senso di questa proposta non è solo educativo, ma culturale: che significato ha insegnare architettura ai bambini? E cosa ci dice, in fondo, sulla nostra idea di futuro?


L’iniziativa nasce nel 2015 da una visione precisa dell’architetto Edoardo Milesi, fondatore della Scuola Permanente dell’Abitare. Per Milesi, l’architettura è un gesto culturale prima ancora che tecnico, e deve tornare a essere strumento di consapevolezza. I camp sono l’estensione naturale di questa idea: non si tratta di avviare i bambini alla professione, ma di educarli a vedere il mondo come uno spazio che può essere pensato, interpretato, trasformato.

«I bambini sono architetti naturali,» afferma Milesi «Osservano, reinterpretano, costruiscono. Non si tratta di insegnare loro a fare gli architetti, ma di educarli a pensare progettualmente, a vedere il mondo come qualcosa che si può trasformare con consapevolezza.»

Laboratorio di maquette a OCRA Summer Camp
Laboratorio di maquette a OCRA Summer Camp. Foto © Scuola Permanente dell'Abitare

Nella pedagogia tradizionale, il progetto è spesso assente. Si insegna a eseguire, raramente a pensare lo spazio. OCRA Summer Camp rovescia questo approccio mettendo al centro la progettualità come atto concreto e come esercizio mentale. I bambini disegnano, costruiscono plastici, fanno rilievi, immaginano città, case, spazi pubblici. E mentre si divertono – perché si divertono davvero – imparano a dare forma a un’idea, a confrontarsi con i vincoli, a trovare soluzioni. In questo processo, architettura e arte non sono fini ma mezzi: strumenti per costruire pensiero.


L’approccio di OCRA Summer Camp non si limita all’architettura in senso stretto. In linea con la filosofia olistica della Scuola Permanente dell’Abitare, il camp adotta una visione multidisciplinare, integrando il disegno, la narrazione, il movimento, la musica, la materia, il suono e il teatro. L’architettura diventa così punto d’incontro tra le arti, una soglia in cui convergono linguaggi diversi per attivare nei bambini una comprensione profonda del mondo, fondata sull’esperienza sensibile e sulla capacità di immaginare possibilità.


Una filosofia che si avvicina all’intuizione pedagogica di Bruno Munari, secondo cui il bambino apprende attraverso l’esperienza diretta, manipolando la realtà con le mani e la mente insieme. “Fare per capire” diceva Munari, proponendo laboratori creativi in cui il pensiero progettuale nasceva dall’azione. OCRA Summer Camp sembra raccogliere questo testimone, dando forma a uno spazio educativo che non impone contenuti, ma li fa emergere dal processo.


Bambini durante una lezione a OCRA Summer Camp
OCRA Summer Camp. Foto © Scuola Permanente dell'Abitare

Uno degli aspetti più affascinanti di questi camp è il modo in cui i bambini si relazionano all’architettura senza sapere di farlo. Non parlano di funzione, ma di cosa si può fare in uno spazio. Non parlano di linguaggio, ma di atmosfera. Intuiscono le regole senza che nessuno gliele imponga. E così facendo dimostrano una cosa semplice ma potente: l’architettura non è riservata agli specialisti. È una forma di pensiero che appartiene a tutti, anche – e forse soprattutto – a chi ha ancora la libertà di immaginare senza dover rendere conto a nessun canone.

In questi dieci anni, decine di temi hanno guidato le settimane: la casa ideale, un museo, il rifugio nel bosco, la città condivisa. Ogni volta, si parte da una domanda e si arriva a un progetto, con materiali semplici, spesso di recupero. E sempre con un’esposizione finale che non è una "presentazione", ma un modo per restituire senso all’esperienza.


Il progetto di OCRA Summer Camp si inserisce in un panorama internazionale ancora poco diffuso ma in crescita. In Finlandia, ad esempio, il programma Arkki – School of Architecture for Children and Youth propone da anni percorsi strutturati di educazione architettonica per bambini e adolescenti, basati su creatività, pensiero critico e progettazione. Come per OCRA, anche lì l’architettura è un mezzo per formare cittadini più consapevoli, capaci di leggere lo spazio, comprenderlo e cambiarlo.

E senza andare troppo lontano da noi, anche in Italia si muovono esperienze significative come SOU – Scuola di Architettura per bambini, progetto nato all’interno del network di Farm Cultural Park. Il nome della scuola rende omaggio al grande architetto giapponese Sōsuke “Sou” Fujimoto, autore di visioni radicali sull’abitare contemporaneo capace di coniugare formazione, arte, architettura e costruzione di comunità.

Ne abbiamo parlato anche su ArtApp: SOU, scuola di architettura per bambini
Workshop creativo a OCRA Summer Camp
Laboratorio creativo a OCRA Summer Camp. Foto © Scuola Permanente dell'Abitare

È tempo forse di aprire un dibattito più ampio, in Italia, su cosa significhi educare attraverso l’architettura. Non per formare professionisti, ma per coltivare visioni. In un’epoca segnata da crisi ecologiche, sociali e urbane, insegnare a progettare fin da piccoli può diventare un atto politico e poetico insieme: abituare a pensare prima di costruire, a immaginare prima di abitare.


A distanza di dieci anni dalla sua ideazione, ciò che rende ancora unica l’esperienza di OCRA Summer Camp è l’idea implicita che ogni bambino sia un potenziale progettista. Non nel senso professionale del termine, ma in quello più radicale: chi progetta, immagina possibilità. E questa è forse una delle responsabilità più urgenti della cultura oggi: offrire ai più giovani non solo strumenti tecnici o nozioni, ma la capacità di pensare il mondo come qualcosa di modificabile, plasmabile, trasformabile.

Educare alla progettualità significa restituire agency, fiducia, libertà. Ed è questo che i Summer Camp della Scuola Permanente dell'Abitare fanno, senza retorica, con leggerezza e rigore. Con carta, legno, luce e pensiero. Perché anche se si è piccoli, si può già imparare a costruire. Non solo oggetti. Ma visioni.



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