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I favolosi anni ‘60 in Maremma. Nel segno di Ico Parisi

Genesi e cura di una piccola grande mostra


I favolosi anni ‘60 in Maremma, Polo Culturale Le Clarisse, Grosseto | Foto © Stefano Casati


Promossa e organizzata da Fondazione Grosseto Cultura, la mostra, aperta fino al 3 settembre 2023, è parte del progetto Terre degli Uffizi ideato e realizzato da Le Gallerie degli Uffizi e Fondazione CR Firenze. Progetto dal respiro generoso che prevede prestiti provenienti dalle collezioni del complesso museale statale fiorentino destinate a mostre con lo scopo di valorizzare il territorio periferico.

La mostra è curata dalle storiche dell’arte Lucia Mannini e Anna Mazzanti, entrambe anche curatrici del suo prezioso catalogo, dal rigore scientifico di un piccolo saggio e dal passo umano di memorie private e biografie importanti, quali sono quelle dell’architetto/designer Ico Parisi e della moglie Luisa Aiani. È nell’atmosfera accogliente del Polo Culturale Le Clarisse che incontro la curatrice Anna Mazzanti, docente universitaria presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano.


I favolosi anni ‘60 in Maremma, Polo Culturale Le Clarisse, Grosseto | Foto © Stefano Casati

Sandra Maria Dami: Di cosa si occupa una curatrice di mostre? Come nasce l’idea di questa, in particolare, e perché gli anni ’60?

Anna Mazzanti: Curare una mostra per uno storico dell’arte che fa ricerca è sempre un’occasione di approfondimento, pensiero che ci accomuna con la collega Lucia Mannini. Un fondamentale aspetto poi della curatela è riuscire a tradurre tematiche complesse in un percorso fisico, rivolto a un pubblico eterogeneo e interessato, e al contempo incuriosire verso ciò che viene proposto. Anche l’idea di questa mostra ha seguito la stessa linea. Abbiamo proposto questo tema da portare in Maremma al Polo Culturale Le Clarisse. È stato essenziale il dialogo e il confronto con un amico e collega Carlo Sisi, già direttore del Museo di Arte Moderna di Palazzo Pitti e referente scientifico per Fondazione CR Firenze anche nell’ambito di Terre degli Uffizi. È così che Grosseto, per la prima volta, è entrata a fare parte del progetto già alla sua terza edizione e, cosa importante, l’ha fatto con una mostra dedicata al Novecento. Gli anni ‘60 hanno rappresentato un’epoca in cui la creatività si è espansa in ogni aspetto della vita. Quindi è stato conseguente immaginare di ricreare quei momenti e quegli ambienti attraverso l’allestimento e la narrazione fotografica dell’Hotel Lorena e dell’Hotel La Corte dei Butteri, per ambientare i bellissimi abiti d’epoca di Federico Forquet e Mila Schӧn, e i due costumi da bagno di Dianora Marandino, come se fossero in essere le presenze fisiche di quegli anni. Sia gli abiti che i costumi provengono dal Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti, e sono costruiti, così come lo erano gli arredi di design e le architetture in quel tempo, mettendo in rilievo gli elementi costruttivi assemblati da mani abili esempio di una capacità artigianale allora ancora fortissima che si è oggi dispersa. Inoltre abbiamo avuto il contributo di Gigi Cupellini per l’allestimento, progettista di tante mostre importanti realizzate a Palazzo Strozzi e in tanti altri luoghi. La mostra è piccola ma rivela ai visitatori un’atmosfera reale di quegli anni, quasi una messa in scena di quel mondo favoloso nella sua dimensione sia urbana che marittima. Questo dimostra che il rapporto fra curatore e chi mette in opera, se c’è, è sempre virtuoso e molto importante.


S.M.D.: Qual è il filo conduttore della mostra? Quale la sua narrazione?

A.M. Sicuramente il filo conduttore della mostra è costituito dalla narrazione fotografica/artistica presente in ogni sala: attraverso la serie fotografica ad opera di Giorgio Casali per la rivista Domus (1961, n.385) relativa all’Hotel Lorena, e di quella fotografica dell’architetto Ico Parisi per l’Hotel La Corte dei Butteri e l’annessa Chiesa di Santa Maria dell’Osa. Materiale che ha colmato il vuoto degli oggetti perduti e ha dato una visione più dettagliata delle architetture in oggetto che sono state per questa occasione espositiva studiate per la prima volta. Il passaggio da una sala all’altra rende evidente lo scarto di gusto nella realizzazione delle due architetture. Lo sguardo si sposta da un allestimento a isole, nella prima sala, con oggetti di design provenienti da collezioni private, che evocano alcuni ambienti dell’Hotel Lorena (1960/61), che era armonizzato dalle forme, il cerchio, e dai colori, noce, bianco, rosso e nero, a due sale che raccolgono disegni e immagini fotografiche della Corte dei Butteri. Queste aiutano a comprendere il complesso architettonico e l’aspetto degli spazi comuni continui dell’hotel, dove l’arredo fa parte dell’architettura stessa (1964/65), e di cui purtroppo non esiste più niente. La presenza dell’annessa Chiesa di Santa Maria dell’Osa segna anche il passaggio dalla dimensione laica a quella religiosa.


I favolosi anni ‘60 in Maremma, Polo Culturale Le Clarisse, Grosseto | Foto © Stefano Casati

S.M.D.: Nel segno di Ico Parisi. Chi era, e cosa ha rappresentato il suo passaggio in terra di Maremma?

A.M.: La prima volta che ho sentito parlare di Ico Parisi è stato alla Scuola di Specializzazione dell’Università di Siena guidata da Enrico Crispoldi, amico personale di Parisi, e il primo ad avere realizzato il più valido contributo critico sull’Hotel La Corte dei Butteri, intitolato KM 156 SS Aurelia, lo abbiamo esposto fra i documenti. Ico Parisi era una personalità poliedrica, architetto, designer, artista, fotografo e credeva nell’integrazione delle arti. Era portavoce, insieme a Crispoldi e altri, di un impegno politico di democraticità fra le arti. Il suo passaggio in Maremma ha lasciato un segno di grande modernità e vivacità creativa, e l’ha fatto nel profondo rispetto del paesaggio naturale. Accanto a lui non dimentichiamo la moglie Luisa Aiani, fondamentale collaboratrice e animatrice dello Studio La Ruota a Como, a firma del quale Parisi ha disegnato molti dei suoi progetti fra i quali l’arredamento dell’Hotel Lorena.

S.M.D.: Nei tempi attuali qual è il messaggio di una mostra che ha come tema gli anni ‘60?

A.M.: In un mondo così legato a meccanismi facili e immediati e sempre più connessi alla dimensione digitale, la mostra riporta attenzione al valore del fare: ideare, inventare nuove soluzioni formali e costruttive, e allo stesso tempo pone forte attenzione verso ogni aspetto dell’arredo per creare un mondo armonico. Inoltre dimostra quanto il passato può offrire suggestioni ed essere fonte d’ispirazione per il presente. Insegna quindi a non negare il passato perché superato, ma a saperlo leggere perché intuitivamente possa servire da stimolo per nuove interpretazioni. Ad esempio, una delle grandi capacità di Parisi è stata quella di immaginare i suoi progetti integrati alla natura, senza sovrastarla. La lungimiranza visionaria di cui è stato capace si ritrova anche nelle sue parole, quando afferma che la sua intenzione è quella di creare qualcosa che abbia nell’essere umano il suo equilibrio ma allo stesso tempo sia in relazione alla natura nella sua libertà espressiva. Un insegnamento importante. Questa mostra vuole offrire un ricordo di qualcosa che molti hanno in memoria senza averne compreso il valore, e con l’intenzione di salvare e tutelare le tracce sopravvissute.



© Edizioni Archos

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