Joker
Il film che si è aggiudicato due premi Oscar, due Golden Globe e il Leone d’Oro alla 76esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia

Joaquin Phoenix nel film "Joker"
L'enciclopedia Treccani definisce così one man show: “locuzione inglese - propr. «spettacolo fatto da un solo uomo»; usata in italiano come s. m. (Spettacolo, spec. teatrale, cabarettistico o di varietà, con un solo attore o una sola attrice) in scena”. Joker è fondamentalmente questo, un one man show costruito sul gigantesco talento di Joaquin Phoenix. Un Joker vestito magnificamente dal pluripremiato Mark Bridges, fotografato dall’eccellente Lawrence Sher, che si muove sulle note composte da Hildur Guðnadóttir. Proprio su quest’ultima artista vorrei porre l’attenzione, meritatamente premiata con l’Oscar per questa pellicola, ha composto le musiche prima che il film venisse girato - splendida idea che spesso veniva utilizzata in un certo cinema di genere a cui Todd Phillips strizza l’occhio sin dai titoli di testa - il suo stile documentaristico, quasi epico (sua è anche la splendida colonna sonora della serie Chernobyl ), è la cosa migliore del film. La violoncellista islandese dà a quello che potrebbe essere visto come un semplice thriller drammatico un’atmosfera molto più profonda e avvolgente di quello che sarebbe stata con musiche più hollywoodiane e fa apparire ogni scena eccezionalmente intensa.

Todd Phillips lascia praticamente carta bianca al suo Joker che gigioneggia per due ore davanti alla telecamera. Phoenix riempie talmente tanto la scena che non c’è spazio per nessuno: l’orribile passato della madre non conta nulla; della dolce vicina di casa che sembra essere l’unico appiglio alla realtà del protagonista ricordiamo a malapena una battuta; i colleghi? Non pervenuti; De Niro? Un figurante. C’è un solo attore in ogni scena, non esce mai dalla inquadratura, si muove, balla, ride, si agita, piange, fa tutto lui, e lo spettatore può solo guardare, non viene lasciato nemmeno lo spazio a una emozione. A me, che ho la lacrima facile (mi commuovo anche per le pubblicità di Ikea), non si sono nemmeno inumiditi gli occhi di fronte a tutte le disgrazie alle quali si assiste nel film, che scorre velocemente, senza coinvolgere, senza trasmettere nulla. Forse esaltando un po’ il fatto che se la vita fa schifo, sparare a dei bulli non è tanto un crimine quanto una rivalsa.

Un film enorme, un grande attore , costumi eccezionali illuminati dal grande maestro Lawrence Sher, ma una volta che Joaquin Phoenix esce di scena (solo nei due minuti finali) non resta nulla se non uno schermo bianco. Ancora una volta la è la colonna sonora l’unica a darci una emozione: Frank Sinatra che canta:
“Sono stato un burattino, un povero, un pirata
un poeta, una pedina e un re.
Sono stato su e giù e di qua e di là.
E so una cosa,
che ogni volta che mi ritrovo steso a faccia in giù
mi riprendo e torno in gara.
Questa è la vita
e non posso negarlo.
Molte volte ho pensato di lasciar perdere ma il mio cuore non si fa ingannare,
ma se non c'è niente di emozionante, vieni qui a luglio,
mi arrotolerò in una grande palla e morirò.”
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