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La pietra armata, vecchi magisteri e nuove tecnologie


La costruzione della nuova chiesa di San Pio a San Giovanni Rotondo (FG) di Renzo Piano

La chiesa di Padre Pio da Pietrelcina, www.sangiovannirotondo.it

Costruire con la pietra scavata in loco è un gesto che appartiene all’architettura di sempre.

Renzo Piano

Quello dell'uso della pietra come materiale da costruzione è un tema complesso che ancora oggi presenta aspetti mai esplorati, nonostante la storia ci abbia consegnato un bagaglio prezioso di esempi e di soluzioni che, tuttavia, non hanno mai definitivamente indagato i limiti reali della utilizzazione di questo materiale. La progettazione della nuova chiesa di San Pio progettata da Renzo Piano rappresenta, in questo senso, un singolare contributo alla definizione di un processo di sperimentazioni ancora in atto che, proprio nell’applicazione di tecniche innovative, trova le ragioni di un rinnovato interesse verso questo modo di costruire. Non è affatto semplice imbattersi nella realizzazione di architetture contemporanee in pietra strutturale, a meno che non si parli di lavori di restauro o di piccole costruzioni legate, per la maggior parte dei casi, alla tradizione storica e, talvolta, vernacolare di alcuni territori. Questo svela la grande attenzione degli studiosi ancora oggi, per l’opera di San Giovanni Rotondo, all’interno della quale si concentrano, in un’unica occasione, più problematiche di interesse architettonico: la grande dimensione della chiesa (necessaria per accogliere le migliaia di pellegrini provenienti da tutto il mondo), la straordinaria sensibilità di un progettista alla continua ricerca di un equilibrio possibile tra intenzione poetica e consapevolezza tecnica e la difficoltà di esplorare quello che si può fare con la pietra oggi, quasi mille anni dopo l'edificazione delle cattedrali gotiche (come riporta il “diario di bordo” dell’architetto).

Sin dall’inizio il progetto recava con se l’idea di utilizzare la pietra come materiale da costruzione, nonostante le dimensioni imposte dalla eccezionalità delle circostanze esprimessero serie difficoltà in merito ad una tecnologia poco incline a coprire grandi spazi. «Abbiamo deliberatamente insistito sull’uso di un solo materiale per farne la chiave espressiva del progetto - conferma Renzo Piano - a San Giovanni Rotondo la chiesa sboccia dalla pietra della montagna, di pietra saranno muro, sagrato, archi di sostegno, la Grande Croce». Così la pietra diventa selciato e copertura, attacco a terra e volta di uno spazio inusitato in cui anche la struttura è realizzata con lo stesso materiale in una dimensione mai sperimentata prima (l’arco principale di cinquanta metri, rappresenta la più grande campata al mondo realizzata in pietra portante).

La sperimentazione avanzata da Piano per questo progetto, non persegue un fine unicamente tecnico, tutt’altro, essa fonda le sue ragioni su alcuni aspetti basilari del costruire oggi con la pietra: da una parte la necessità di un materiale che, esprime in termini assoluti, lo spirito dello spazio sacro; dall’altra l’esigenza di radicare nell’identità del luogo l’opera in costruzione; d’altronde, la chiesa delle origini è scavare la pietra in loco e con essa edificare il tempio, come scrive lo stesso Piano.

Tutta la chiesa è realizzata in pietra, una sorta di manuale a cielo aperto delle opportunità di lavorazione che offre questo materiale, come pavimento, come rivestimento, come struttura, come decorazione, come opera d’arte infine nelle variazioni dei linguaggi diversi espressi dagli artisti invitati a collaborare. Ma la straordinarietà dell’opera risiede, per la sua maggior parte, nella elaborazione di condizioni tecniche capaci di rendere concrete soluzioni spaziali altrimenti impensabili, come la dimensione degli archi ed in particolare la loro configurazione finale, oppure la croce imponente di ben 42 metri di altezza. I grandi archi che sorreggono la copertura dell’aula principale della chiesa replicano, nella loro semplicità costruttiva, tipologie che appartengono alla storia dell’architettura ma, nello stesso tempo, rinnovano la sfida continua all’innovazione tecnologica. La pietra, armata con trefoli in acciaio che ne garantiscono la stabilità anche in previsione di eventi sismici di rilievo (come spesso accade in questa parte d’Italia), diventa struttura di sostegno della volta a dispetto, anche e soprattutto, di un imbarazzante vuoto normativo che ne codifichi i parametri di sicurezza e che tanto ha fatto discutere in merito alla concreta realizzabilità della costruzione. La materia si fa struttura portante nella costruzione, creando nuove condizioni di equilibrio con le armature che, al suo interno, ne rimodellano forma e misura.

La consapevolezza tecnica asseconda la scelta formale fino a modificarne l’originaria intenzione, in un’armonia complessiva che solo il progetto sa tenere insieme. È tutta qui la straordinarietà della ricerca di Piano, in questa capacità di confronto continuo tra sistemi costruttivi della tradizione e sperimentazione delle più innovative tecniche contemporanee. È in questi termini che si presenta la contemporaneità del suo linguaggio architettonico, tutta espressa nella capacità di stabilire un dialogo a distanza con la storia, con la tradizione costruttiva, con la trasformazione e la lavorazione di un materiale radicato nella tradizione e nella identità di un luogo. Un’opera importante, esemplificativa della necessità di andare oltre nella ricerca dell’uso della pietra come materiale strutturale per la realizzazione di nuove architetture ma, soprattutto, un’opera chiarificatrice dell’esigenza di assecondare l’utilizzazione del materiale allo studio di adeguate tecnologie, per varcare i limiti di una sperimentazione oltre la quale trovare nuove soluzioni possibili per il futuro. Quelle stesse soluzioni già indagate da Peter Rice per il Padiglione del Futuro (appunto) realizzato a Siviglia nel 1992, nel quale le diverse tecniche costruttive della pietra e dell’acciaio si combinano in un sistema palese ed equilibrato di ripartizione quasi “didattica” delle sollecitazioni di trazione e di compressione.

Soluzioni, come è facile intuire, che non possono fare a meno di pensare ad uno sviluppo avanzato della ricerca in questo settore, come percorso indispensabile per rilanciare un nuovo rinascimento della pietra capace di veicolare con sé tutto il portato tecnico della contemporaneità, unitamente a un indispensabile nuovo quadro normativo, oggi assolutamente assente e per quel poco, inadeguato. L’uso della pietra armata contiene solo alcune delle variabili di un problema più ampio che investe la complessità del progetto contemporaneo, all’interno del quale ogni costruzione deve provvedere a soddisfare il suo contenuto di soluzioni tecniche (sempre diverse), capaci di rinnovare il dialogo con le forme dell’architettura in un equilibrio ultimo dell’opera realizzata.


© Edizioni Archos

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