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Preah Vihear, Cambogia

Nel Tempio di Vihear il percorso simbolico è la rappresentazione materiale del cammino di elevazione verso il Monte Meru, la sede degli Dei

Il Tempio di Preah Vihear, eretto durante l'Impero Khmer, situato lungo il confine tra la Thailandia e la Cambogia

Ognuno di noi ha una wishing list con desideri che a volte sono irraggiungibili, per le varie necessità quotidiane. Da più di dieci anni, nella mia lista c’era il Tempio induista Preah Vihear, situato lungo il confine tra la Thailandia e la Cambogia, nel territorio di quest’ultima nazione. Della Cambogia tutti conosciamo le meraviglie di Angkor, ma pochi sanno dell’affascinante periodo pre-angkoriano che ha dato vita a siti archeologici straordinari come Ko Ker e la sua piramide a gradoni, unica nel territorio del sud est asiatico, e il tempio di Vihear. Quest’ultimo è stato a lungo inaccessibile per i vari conflitti bellici che si sono succeduti nell’area: la guerra del Vietnam, l’invasione vietnamita in Cambogia, la successiva guerra dei Kmer rossi, le dispute a suon di artiglieria con la vicina Thailandia. Fino al 2008 Preah Vihear era un luogo di guerra, strategico per i vari eserciti che se ne impadronivano, ma assolutamente inavvicinabile per un turista.


Perché questo Tempio è straordinario? Innanzitutto si trova su un'altura dei monti Dângrêk, difficilmente raggiungibile con le quattro ruote. Poi per il suo orientamento, che si distribuisce su un’area di quasi un chilometro mantenendo un perfetto asse nord-sud. Costruire un tempio sul cocuzzolo di una montagna è già un’opera ragguardevole, ma prevedere un percorso in salita di viali lastricati con 5 templi intervallati, su un tragitto preciso come una bussola, sa di extraterrestre. Preah Vihear si distingue dalle geometrie di Angkor per questo orientamento (nord sud al posto del tradizionale est-ovest), inspiegabile apparentemente, ma collegata a conoscenze molto antiche, se pensiamo che gli allineamenti di Standing Stones di Callanish (Ebridi, UK), datati 3000 anni a.C, sono anch’essi orientati su questo asse.


Standing Stones di Callanish (Ebridi, UK)


La costruzione del primo tempio sembra sia cominciata all'inizio del IX secolo: a seguire sono stati realizzati gli altri templi, tutti dedicati al culto induista del dio Shiva e delle sue raffigurazioni. È incredibile pensare che un popolo, di cui sappiamo poco ancora, decida di fare un’opera straordinaria dal punto di vista matematico, artistico e simbolico, lavorando per sei secoli, in cima a una montagna. I simboli fanno parte di un linguaggio universale. Possono essere immagini, parole, suoni, ma anche cammini che agiscano sul corpo e sull’anima umana. Nella nostra cultura occidentale i percorsi simbolici venivano espressi con i labirinti, dotati di numerose circonvoluzioni, come quello posizionato all’ingresso della cattedrale di Chartres, ovvero dentro “un recinto sacro” costituito dalle mura della chiesa, dove i pellegrini scalzi o inginocchiati, seguivano l’itinerario pregando.


Nel Tempio di Vihear il percorso simbolico è invece lineare, all’aperto e in salita, ovviamente, perché vuole essere la rappresentazione materiale del cammino di elevazione che il fedele deve compiere per raggiungere il Monte Meru, la sede degli dei, ovvero la meta finale di ogni buon indù. Il cammino deve essere non solo in salita, ma anche faticoso, lungo, ricco di soste per la preghiera (i Gopura, santuari a pianta cruciforme) e di bacini per la purificazione, come appare evidente nello schema, dove tali Gopura sono indicati con i numeri dall’uno al cinque. Ogni Gopura è costruito più in alto del precedente per sottolineare il percorso simbolico verso l’alto e blocca la vista del pellegrino con le sue mura, impedendogli di avere una visione globale di tutta la struttura.


Pianta del Tempio


Si procede sempre per gradi. Nei Gopura ci sono diversi tipi di finestre generalmente con 3 o 5 balaustre. Solo nel terzo Gopura le balaustre sono 7, facendo intuire il tema numerologico non casuale di tutta la struttura.

La meraviglia e lo stupore che si provano arrivando al Preah Vihear sono difficilmente descrivibili. Si percepisce una sensazione di armonia, di pace e di equilibrio tra terra e cielo. L’architettura del complesso, che si snoda secondo questo lungo asse, sembra voler aiutare il visitatore a compiere un cammino interiore di elevazione, accompagnato dal silenzio e dalla bellezza della Natura. La meraviglia si concretizza ulteriormente quando si arriva al terzo Gopura dove, su un architrave, è stata restaurata una delle più belle rappresentazioni della Frullatura dell’Oceano di Latte. Quest’ultima si ricollega al poema epico del Ramayama, dove si narra che alla fine di un’epoca del mondo, le divinità e i demoni si siano uniti per frullare l’oceano cosmico in modo da raggiungere la corrente d’immortalità (amrita) nascosta nella profondità.


Frullatura dell’Oceano di Latte


La splendida opera visibile nella pietra di Preah Vihear vuole riprodurre sulla terra questo modello terrestre di tutto il mondo celeste che assicura così un’intima armonia tra i due mondi, senza la quale l’umanità non può prosperare. Un gioiello artistico che fa riflettere anche noi occidentali sul senso della nostra vita. Munito del mio inseparabile contatore Geiger, ho voluto misurare la radioattività del percorso per capire se questo luogo fosse realmente diverso e potesse rientrare nella categoria dei Luoghi Alti. Per coloro che non hanno dimestichezza col significato della radioattività naturale, rimando a un altro articolo sull’argomento, pubblicato su Art App plus. In sintesi si è evidenziato che i luoghi di culto antichi si distinguono dal resto del territorio per un aumento di radioattività naturale. Non è ancora chiaro se ciò possa dipendere dalle caratteristiche specifiche del terreno (energia geotellurica) o dalla geometria delle costruzioni che l’uomo ha edificato per esprimere al meglio il culto (energia di forma).


Il Tempio non ha deluso le mie aspettative. L’energia radioattiva del luogo segue un andamento di incremento progressivo partendo dal primo Gopura e arrivando all’ultimo, il quinto, area sacra anche oggi, dove è necessario entrare scalzi e dove ci si raccoglie in preghiera, anche solo per rispetto ai fedeli cambogiani. Il pellegrino entra ed esce da questi centri energetici trovando una sorta di ricarica a ogni stazione e arrivando così alla sua meta senza un eccessivo sforzo. Il Tempio Preah Vihear si conferma perciò come uno dei Luoghi Alti più straordinari della terra, anche da un punto di vista scientifico, ma soprattutto da un punto di vista emozionale, con un’indescrivibile sensazione quando, usciti a ritroso dal quinto Gopura, si arriva alla rupe a strapiombo con l’incantevole vista di molti chilometri sulla pianura cambogiana. Una bellezza da togliere il fiato. Da occidentale, fatico a comprendere a fondo la spiritualità induista e la sua complessa simbologia, ma posso constatare che il percorso del Tempio di Vihear è studiato con cura per permettere al fedele di affrontare la fatica fisica senza grandi conseguenze. Non si percepisce il grande caldo del suolo cambogiano, né la polvere della stagione “secca”, ma solo una grande armonia tra il mondo materiale e quello celeste.







© Edizioni Archos

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