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Rigenerazione urbana. I Nuovi Centri Culturali

La rigenerazione su base culturale sta diventando un vero e proprio fenomeno sociale perché rappresenta una diversa modalità di aggregazione attraverso un diverso sentire della cultura


Farm Cultural Park, Favara (AG)


Il termine “rigenerazione urbana” è sempre stato essenzialmente associato alle azioni compiute da parte delle Pubbliche Amministrazioni, attraverso i propri uffici all’Urbanistica e ai Lavori Pubblici, relativamente al recupero di edifici o aree dismesse, solo sporadicamente accompagnate da percorsi di partecipazione pubblica. Per lo più si tratta di interventi tesi a riqualificare infrastrutture da recuperare o riqualificare, da un punto di vista meramente fisico, spesso senza neanche individuare una destinazione d’uso specifica oppure individuarla si, ma senza averne indagato le necessità e i risvolti per la collettività. Ormai da un decennio c’è invece un tessuto sommerso, nel nostro Paese, che attua una rigenerazione urbana contraddistinta da una base culturale e dal basso. Si tratta di realtà che provengono dal mondo delle associazioni, o da persone e gruppi di individui che si riuniscono in una forma giuridica il più possibile snella ed economica rispetto alle azioni che si prefiggono.


FACTO, Montelupo Fiorentino (FI)


Sono realtà costituite per lo più da professionisti dell’architettura, dell’arte, del teatro, del management culturale, della fotografia, che svolgono le attività per lo più in forma no profit, ma dalle alte competenze professionali. Prendono in gestione un immobile o uno spazio abbandonato, pubblico o privato che sia, e attraverso pratiche culturali collaborative, coinvolgono un pubblico e delle comunità diversi, realizzando processi di attivazione e coesione sociale. Sono sostanzialmente attivatori di luoghi e gestori di spazi che rappresentano esperienze di rigenerazione a base culturale nel nostro Paese, promosse e gestite, come detto, da soggetti privati o del privato sociale. Sono a tutti gli effetti nuovi centri culturali nati da esperienze di attivismo, spazi ibridi e laboratori che pongono al centro pratiche di innovazione culturale e artistica, sociale e civica.


LottoZero Residenze, Prato | photo © Alessandro Destro


Negli ultimissimi anni, l’emergere di nuove organizzazioni e nuovi linguaggi che stanno cambiando, almeno in parte, le regole del gioco nel rapporto tra collettività, istituzioni e cultura, ha fatto sì che questi centri abbiano cominciato a relazionarsi fra loro, cercando una “legittimazione” da parte dello Stato (e, in generale, fra gli enti pubblici), per suggerire e indirizzare politiche pubbliche a livello locale e nazionale. La loro legittimazione passa anche attraverso, ad esempio, il tentativo della loro mappatura da parte dell’agenzia per la trasformazione culturale “cheFare” o dai fondi messi a disposizione – con bandi e progetti diversi, ma con le medesime finalità - dall’IBC (Istituto Beni artistici, Culturali e naturali) dell’Emilia-Romagna, della Regione Toscana (con il bando dedicato “Rigenerazione urbana a base culturale”) e della Regione Umbria; oltre a strumenti di altri enti e fondazioni quali il bando “Culturability” di Fondazione Unipolis o il programma “Bollenti Spiriti” della Regione Puglia.


Casa Esagono, Baratti (LI) | BACO Archivio Vittorio Giorgini

La rigenerazione su base culturale sta assumendo sempre più le sembianze di un vero e proprio fenomeno sociale, e l’apice di questo cambiamento è la costituzione nel 2020 de “Lo Stato dei Luoghi”, prima rete nazionale di rigenerazione urbana a base culturale. Già in Toscana era stato siglato lo scorso anno, in un percorso accompagnato dagli Uffici dei Beni culturali della Regione Toscana, un accordo di rete fra soggetti toscani, confluiti anch’essi appunto nella rete nazionale. Lo Stato dei Luoghi lavora “per innovare le pratiche culturali, artistiche, educative e di welfare, con l’obiettivo di contrastare le disuguaglianze e favorire l’inclusione sociale. Chi fa parte della rete si impegna, in forma organizzata o individuale, nella stesura di progetti di riattivazione che trasformano spazi abbandonati, dismessi, parzialmente inutilizzati o rifunzionalizzati, in centri generativi, inclusivi e abilitanti per le persone e le comunità, apportandovi competenze e risorse.”


CasermArcheologica, Sansepolcro (AR)


Le organizzazioni che hanno aderito sono già svariate decine: CasermArcheologica, Mare Culturale Urbano, Ecomuseo Mare Memoria Viva, Park Cultural Farm, Indisciplinarte, FACTO, BACO Archivio Vittorio Giorgini, Lotto Zero, Amigdala, Avanzi, Carico Massimo, Cantiere Cultura e tantissimi altri. Tra i progetti in essere c’è l’”Alfabeto Pandemico”, nato nel periodo del lockdown, un periodo di sospensione dove le domande tipo “come sta cambiando la percezione dello spazio comune?” durante l’emergenza sanitaria che si stava affrontando, hanno generato la consapevolezza di vivere una profonda risemantizzazione di alcune parole con nuovi significati. In estrema sintesi la rigenerazione urbana così intesa rappresenta una diversa modalità di aggregazione attraverso un diverso sentire della cultura; una leva per diffondere capacità, costruire opportunità e generare impatti sociali positivi nei territori per un nuovo welfare culturale.

© Edizioni Archos

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