Non è più possibile, oggi, ignorare i saperi di una volta. Fitoalimurgia, un esempio
Carestie, pestilenze, epidemie, guerre, calamità naturali. Nell'era dell'Antropocene si continua a pensare che siano ambientazioni da film o ipotesi assurde, eppure qualche spiraglio sembra intravedersi tra le fitte chiome dell'iperconnessione e del progresso tecnologico. Un ritorno ai "tempi selvatici" oggi, per scelta o per obbligo, sarebbe in ogni caso un disastro, la sorgente di una disgregazione soprattutto identitaria, oltre che pratica. Eppure gli esseri umani hanno vissuto per molto più tempo, nell'arco della storia umana, senza elettricità, senza telefono, senza wi-fi, senza smartphone, senza automobile o trasporti pubblici, senza elettrodomestici, in generale senza. Queste, e molte altre, sono innovazioni degli ultimi cento, massimo centocinquanta anni, eppure per millenni il genere umano ha vissuto al buio, comunicando pochissimo, con lettere e piccioni, viaggiando ancora meno, sul dorso di qualche animale con cui avere connessioni più profonde rispetto a quelle che si hanno oggi con gli animali di compagnia, mangiando con molta più parsimonia e usando i materiali, per vestirsi, per costruire, per sopravvivere, con grande attenzione. E conoscenza, soprattutto: d'altronde per scegliere il legno per costruire un tetto o una nave occorreva certamente conoscerne le caratteristiche tecniche.
Ed è così che per anni, accanto ad agricoltura, allevamento, caccia e pesca, una delle principali fonti di approvvigionamento, probabilmente la prima e più antica, è la raccolta di piante spontanee per uso alimentare, oggi sempre più di moda con il temine foraging, ma più correttamente definita fitoalimurgia. Alimurgia significa “attività che calma la fame” e deriva dalla contrazione del latino alimenta urgentia, cioè nutrimento in caso di necessità; il prefisso Fito indica che si tratta di piante. Trovo affascinante la composizione della parola Alimenta, dal greco alymos, formato da lymos, cioè fame, anticipato dalla celebre alfa privativa, a; mentre Urgentia deriva dal greco ergon, ossia fare, attività.
Il termine Alimurgia fu usato per la prima volta nel 1767 nel trattato De alimenti urgentia, scritto da Giovanni Targioni Tozzetti, medico e botanico fiorentino, che in seguito alla carestia del 1764 ha raccolto in un manuale usi commestibili di verdure spontanee e erbe di campo. Se si riflette sul fatto che tutte le verdure di cui ci si nutre oggi, secoli fa nascevano in una forma selvatica e, negli anni, sono state modificate per vari motivi, come ad esempio l'incremento della quantità di produzione o l'abbreviazione dei tempi di crescita, è possibile scoprire che esiste un antenato spontaneo per ogni varietà di frutta e verdura. Pensate che le carote fossero arancioni? O che il pomodoro, allogeno compagno per pizza e pasta, in origine fosse rosso? E oggi, quando assaporate quel succoso spicchio di clementina senza semi, non vi chiedete come fa quella pianta a riprodursi? Ed è così che ripercorrendo a ritroso il percorso di evoluzione di frutta e verdura di oggi si rivelano avi spontanei, specie autoctone e selvatiche, alcune scomparse e alcune ancora presenti in prati ed ex coltivi.
Come a esempio il farinaccio, ipernutritivo parente dello spinacio, oppure la rucola, derivante dall'antenato selvatico ancora oggi reperibile, oppure l'aglio orsino, amico degli orsi e antenato del diffusissimo aglio. Sono numerosissime le specie spontanee di cui oggi possiamo ancora nutrirci, con grande piacere: l'importante è seguire alcune fondamentali accortezze, segnalate in tutti i manuali contemporanei sul tema. Un approccio sostenibile è fondamentale, quindi: non raccogliere più di quanto sia necessario, rispettare tempi e modalità di riproduzione delle piante, non distruggere l'ecosistema di raccolta, spianando tutto a zero per essere più comodi e fare più in fretta. Se decidiamo di nutrirci con un contatto diretto alla Natura, il minimo è ringraziarla con un comportamento rispettoso verso di lei. I comportamenti rispettosi verso di noi nel foraging richiedono predilezione per luoghi di raccolta incontaminati e molto studio, delle caratteristiche delle piante che raccogliamo, del loro periodo balsamico, del momento migliore per nutrirci con esse. Riconoscere le piante spontanee che poi mangeremo, approfondire composizione e usi delle piante è fondamentale poiché, come in tutte le cose, c'è sempre un lato oscuro.
Anche la frutta e verdura più diffuse celano risvolti tossici per noi, nonostante gli anni di addomesticamento: non mangiate mai una patata cruda oppure non masticate i semi della mela, perché vi intossichereste. Solanina e amigdalina sono nemici del nostro organismo e sono numerose le sostanze contenute nei vegetali, di cui sappiamo poco. Parlando di natura e disgrazie si pensa sempre ai funghi, ma anche l'ignoranza o la confusione sulle erbe spontanee sono state causa di morti, alcune celebri, come quella di McCandless, narrata poi nel film "Into The Wild" con la regia di Sean Penn. Christopher McCandless a 24 anni andò in Alaska da solo, senza soldi e vivendo con ciò che avrebbe potuto raccogliere in natura: nel '92 venne ritrovato morto e per anni gli studiosi hanno cercato la causa, scoperta poi 10 anni dopo.
Il ragazzo aveva mangiato per mesi dei semi di una specie molto diffusa nella zona in cui viveva, i semi di patata selvatica, Hedysarum alpinum, commestibile ma tossica; per molto tempo si è ipotizzato avesse mangiato i semi di un pisello selvatico, Hedysarum mckenzii,ma si legge in un articolo "McCandless ha con tutta probabilità evitato i semi di un pisello selvatico grazie alle indicazioni del suo manuale di botanica, ma non poteva sapere che anche quelli della patata erano velenosi allo stesso modo" perché, aggiungo io per sintetizzare la vicenda, non lo sapeva nemmeno il suo manuale di botanica. Le erbe spontanee hanno vitamine e sali minerali di ottimo livello, ma i sosia tossici devono essere un importante deterrente del loro consumo senza un'ottima preparazione teorica. Un'altra disgrazia avvenuta questa volta in Italia nel 2021 è stata quella di un escursionista esperto che ha preparato per tutta la famiglia un pesto, per condire la pasta, con il colchico autunnale, Colchicum Autumnale, noto anche come "falso zafferano" o "erba di Medea", confondendolo con l'aglio orsino, Allium ursinum. Aglio orsino, mughetto e colchico sono sosia, ma solo il primo è commestibile, ricco di vitamine e di proprietà depuranti, antisettiche, ipotensive e anticolesteroliche.
In primavera, quando i fiori non si sono ancora formati, le foglie di queste tre piante sono simili, ma il parente commestibile si può riconoscere soprattutto dal forte odore di aglio. Altri esempi sono la genziana maggiore che ha la radice molto simile al veratro, molto velenoso, e la borragine che ha le foglie della stessa forma della mandragola, che assunta. in grandi quantità è narcotica. La fitoalimurgia è un linguaggio tutto da imparare, presenta numerose specie che assomigliano ad altre, come i falsi amici di alcune lingue straniere, che è necessario conoscere molto bene per essere sicuri di quello che mangiamo.
Comments