Quello dell’ostetrica è uno dei mestieri più antichi, per lei c'è un solo imperativo: vieni al mondo

La vita non è né un’attitudine né un carattere né un valore, non è nulla d’altro perché tutto contiene e fuori di essa non c’è nulla che possiamo dire.
Elena Loewenthal
La vita dei semplici è coraggiosa, perché ha a cuore quella degli altri. La forza del suo contenuto abita nelle persone che scelgono. Ines Madiai, ostetrica condotta negli anni del secondo dopoguerra fino agli anni settanta, era una persona semplice con la forza di una lupa che sapeva proteggere i cuccioli delle altre lupe. L’estate scorsa il comune di Follonica le ha dedicato una targa per la devozione alla sua professione. Così, oggi, il suo nome vola in un parco-giochi per bambini vicino al mare, e non a caso. Non scegliamo di venire al mondo, ma solo di rimanerci, se consentito, e Ines è rimasta nei ricordi di tante persone.

Dal latino obstare stare davanti, assistere, l’ostetrica è uno dei mestieri più antichi che porta con sé consuetudini, credenze e paure. Nei secoli sono stati affidati a questa figura l’attimo più fragile dell’esistenza, il primo pianto e il primo dolore, nei casi più avversi perfino la morte, senza che nessuno, neppure il padre-padrone potesse dire la sua. Per l’ostetrica nessun imperativo, tranne quello che lei stessa si dava in armonia con le madri: vieni al mondo! Ines sfida gli anni oscuri e maschilisti del fascismo, le tasse scolastiche alzate per le donne a monito di scoraggiamento verso gli studi, e si iscrive a Ostetricia presso l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. Nel 1941 diventa ostetrica condotta nel comune di Follonica, e qui firma la storia di circa tremila nascite.

Una storia oggi raccontata dai neonati di ieri attraverso aneddoti, pezzi di vissuto e memorie condivise con la certezza che senza l’aiuto di Ines nulla sarebbe accaduto. Si veniva al mondo nella casa dove la madre viveva, e la ritualità di mani esperte e piene d’amore sedava la paura che qualcosa potesse non funzionare o andare come immaginato. Ines rassicurava che lei non aveva mai perso nessuno per strada, nonostante le tante difficoltà affrontate. Ines è la sua storia, e la sua storia narra di un’arte perduta, fatta di pochi strumenti, acqua calda e tante pezze di stoffa. Al genio di mani esperte veniva lasciato il governo del fare. Oggi gli strumenti sono tanti e più raffinati, l’arte è professione, certamente più sicura per neonati e madri, ma meno vicina al mistero di venire al mondo e al miracolo di quel primo pianto.