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Altrovento: mestiere, arte e solidarietà con il disegno di Armando Orfeo


Due chiacchiere con l'artista toscano che dipinge avventure magiche in mondi fantastici

"Il giorno della fortuna" 2014, acrilici su tela 40x60

Porto di Marina di Grosseto. Il cielo è limpido e una leggera brezza di mare muove fogli e parole. L’incontro con Armando Orfeo è divertente, un momento atteso. Ci conosciamo da tempo, ma non vale, perché svelare l’artista è un’altra cosa, e il vento lo sa.

Sandra Maria Dami: Chi è Armando Orfeo e perché ti definisci “apprendista patafisico”?

Armando Orfeo: Definirmi può essere un gioco che nasce dalla necessità di dichiarare l’appartenenza a qualcosa. Apprendista è colui che non sa, che ha voglia di capire e imparare un mestiere nella vita come nell’arte. È una condizione che ha in sé il germe e lo stimolo a volersi migliorare. Più che una definizione è un augurio che rivolgo a me stesso, quello di potermi considerare sempre in una condizione di apprendistato, avere, quindi, impegno, curiosità e intenzione tali da non perdere mai la voglia di migliorare. Il mondo è vario e grande, soprattutto è in continua trasformazione, noi siamo in trasformazione, perciò se pensiamo di aver imparato tutto, perdiamo la capacità di leggere le cose che ci circondano nella loro infinita mutevolezza.

La Patafisica, in breve, nasce come corrente letteraria alla fine dell’800 dallo scrittore e drammaturgo francese Alfred Jarry. Minoritaria per vocazione, in essa emerge l’aspetto critico nei confronti del potere dominante unico. Antesignana del non-sense del dadaismo, vive tutto in maniera ludica, ironica e irrazionale. Da qui il gioco di apprendersi patafisico.

L'incanto", 2012, acrilici su tela 50x70

S.M.D.: Alla parola arte cosa corrisponde nel tuo vissuto di uomo e artista? Se scrivo arte e ironia…

A. O.: Sono un autodidatta, ho iniziato a lavorare a diciassette anni facendo grafica e piccole pubblicità per quotidiani locali, e sin dagli inizi per me il disegno ha significato lavoro, mestiere, avere un rapporto con la committenza, e tenere in fondo parte di me. Ciò mi ha dato difficoltà, ma ha anche permesso di non lasciarmi irretire dalla visione tardo-romantica dell’artista puro, libero, bohemien a tutti costi. Se ti dissoci dal giudizio altrui, tagliando i ponti con tutti, spesso produci cose mediocri. Penso che il vero artista debba lavorare per sé, ma anche che la sua arte debba essere in grado di avere un valore sociale per la comunità di appartenenza piccola o grande che sia. Per quanto riguarda l’ironia, vengo dal fumetto anni ottanta, il mio lavoro più importante è stato per Frigidaire e delle sue pagine mi sono sempre nutrito. Penso ai grandi artisti come Pazienza, Liberatore, Mattotti, Brolli, alla loro valenza critica e ironica. Oggi la mia arte è più ludica, semplice e umana. Rappresenta un momento di sintesi al mio continuo ragionare sulle cose.

"Il ritorno", 2009, acrilici su tela 40x60

S.M.D.: Osservando le tue opere ciò che colpisce maggiormente sono il colore vivace, le prospettive inedite delle piccole cose, la plasticità dei luoghi e la funambolica presenza quasi costante del signor Cozza, piccolo uomo in rosso; quale mondo disegnano?

A.O.: Un mondo che ad un certo punto è esploso. Il signor Cozza nasce tra il 1994 e il 1996 come sintesi fra il mio essere grafico e illustratore pubblicitario, e la mia esperienza come fumettista sulle pagine di Frigidaire. Volutamente il signor Cozza non ha alcuna espressione, non ha un volto, è un piccolo umano che veste i suoi panni, quasi un richiamo al manichino dechirichiano. Con lui identifico me e gran parte di noi; si relaziona con il mondo costruito in cui l’ho immerso vivendo tutto con una meraviglia infantile, sempre perplesso e indeciso se andare o rimanere. Rappresenta la perplessità dell’uomo contemporaneo. In tutti questi anni ho cercato di essere coerente con il mio stile per consentire al pubblico di entrare nei miei quadri e coglierne le piccole differenze. A me interessa che arrivi il messaggio per cui l’opera finale possa essere guardata, ogni volta, in maniera diversa. Tutto è in movimento e il vento che muove la piccola cravatta del signor Cozza rappresenta nei miei disegni un elemento biografico importante. Chi vive al mare, come me, può capire.

"Wonderful World"

S.M.D.: Nel 2014 con l’opera in olio e acrilico Wonderful World hai vinto l’edizione della mostra città visibile di Grosseto per la sezione dipinti. Cosa è per te la meraviglia?

A.O.: La meraviglia è fondamentale. Se noi siamo disponibili a meravigliarci, ci accorgiamo di quello che accade di bene e di male. È consapevolezza. Aiuta a non dare nulla per scontato e a non rimanere indifferenti. In alcuni casi pone soluzioni.

S.M.D.: Quale rapporto hai con il tempo convenzionale e quale con il tuo tempo interiore?

A.O.: Per me il tempo è sempre fonte di ansia. Sto imparando a staccare il mio tempo interiore da quello convenzionale, riscoprendo anche quello biologico. Non a caso, nei miei quadri è presente, come una citazione, l’orologio molle di Dalì. L’ho rubato, felice di averlo fatto, perché elemento talmente geniale, che è giusto appartenga a tutti noi. Penso di essere un citazionista e un grande saccheggiatore. Quando disegno porto fuori tutti i miei artisti amati. Il più grande di tutti De Chirico, l’unico che, con il tempo, è stato in grado di superare se stesso. È stato avanguardista e transavanguardista. Potrei parlare a lungo di lui…

"Il libro azzurro", 2016 acrilici su tela 80x120

S.M.D.: Realtà e soluzioni immaginarie: “Fuggevoli fughe”, titolo della tua ultima personale a Piombino da poco terminata, racconta nuove possibilità?

A.O.: Negli anni ho maturato un mio alfabeto. Ho cercato di fare in modo che fosse il meno cervellotico possibile. Attraverso elementi ricorrenti mi lascio guidare da esigenze pittoriche più che narrative. Non sono interessato a riprodurre la realtà, desidero costruire un pensiero e divertirmi. Monto e smonto gli stessi elementi per creare infinite soluzioni. L’opera finale è cosa terza rispetto all’artista e alla realtà. "Fuggevoli fughe" pone una domanda semplice: la vacanza è viaggio verso ciò che piace o fuga da ciò che non piace? È gioco di parole e d’immagini. È stata anche solidarietà, affiancando un progetto riguardante i DSA.

S.M.D.: Dal 2017 la tua arte ha anche abbracciato il Progetto Pediatria con la pubblicazione di un calendario che vede i mesi rappresentati dalla riproduzione grafica delle tue tele. Perché questo progetto?

A.O.: Negli ultimi anni ho cercato sempre di affiancare alle mie mostre personali un progetto di solidarietà, perché l’artista non può nutrire solo se stesso. Fare una mostra tanto per farla non m’interessa più. Il Progetto Pediatria curato dalla Pro-loco di Marina di Grosseto riguarda il Pronto Soccorso Pediatrico di Grosseto, realtà che funziona bene, ma che può funzionare ancora meglio grazie alle donazioni ricavate dalle varie iniziative. Il fatto che Marina di Grosseto, dal 2017 sia bandiera verde, quindi spiaggia dichiarata adatta ai bambini, avvalora ancora di più lo scopo del progetto. Il mio calendario è una di queste iniziative e ne sono contento. Sono legato al PSP di Grosseto per motivi personali, e so bene cosa significhi trovare un ambiente accogliente e ben attrezzato, perciò tuffarmi in questo progetto è stato fondamentale e importante. Mi ha reso fiero del lavoro svolto fino a qui, e tanti ancora saranno i momenti legati a questa iniziativa.

S.M.D.: Quanti mondi deve ancora abitare il signor Cozza?

A.O.: Io spero tanti, senza mai tirarsi indietro.


© Edizioni Archos

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