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Così la donna cannone, quell'immenso mistero volò...


Comunicare valori che partono dal cibo e lo superano, questo è il paradigma che ispira quotidianamente il lavoro di Maria nel suo bistrot

Foto © Maria D'Errico

Tre anni fa abbiamo aperto un piccolo bistrot in una piazza di una bella città. Lo abbiamo fatto seguendo la voglia di fare accoglienza, di offrire cibo buono e tempo piacevole. Vendiamo cibo fatto di scelte, volti, persone. Nomi e cognomi.

Abbiamo contatti diretti con chi produce il Cibo che proponiamo. Offriamo prodotti semplici e non manipolati. Solo freschi e stagionali. Conosciamo la storia del prodotto e lo presentiamo con cura a chi lo mangia tentando di restituire così dignità al lavoratore.

Scelte felici ma anche faticose, pesanti. Un po' forti a volte, ma che ci rendono fedeli ai nostri ideali. Proponiamo un'alimentazione che segue le idee e i percorsi che condividiamo. Non ci separiamo dalla nostra politica nell'atto del mangiare. Rispetto a quello che offriamo cerchiamo di includere tutti, secondo gusti ed esigenze. Anche per questo la maggior parte della nostra proposta è vegana e vegetariana. Anche così cerchiamo di eludere pregiudizi e gabbie.

Lasciamo che l'arbitrio di ciascuno si esprima liberamente in decisioni e tempi senza mai essere giudicanti. Dalla sua creazione, abbiamo ritenuto il locale uno spazio socialmente utile, senza rigidità e chiusure, per questo lo offriamo gratuitamente a chi ne ha bisogno.

Abbiamo ospitato musicisti, poeti, scrittori, attori, ma anche psicologi, archeologi, esperti di moda e arte, gruppi di persone che avevano bisogno di un posto libero e informale per ritrovarsi ed esprimersi.

Uno scambio continuo che comunica valori che partono dal cibo e lo superano. Vanno oltre. Ognuno, nel piccolo locale, ci trova un pezzettino della sua storia, nell'arredamento, interamente di recupero, come nella musica. In pochi metri quadrati senso di libertà e condivisione.

Tutto questo si avverte. Sfuggiamo così la prigione attraverso le nostre scelte. Scelte governate dall'etica. Senza un sentire umano e comune, non avrebbe senso la parola libertà e neppure prigione. L'etica è essere uomini e donne liberi nel proprio tempo.

Cos'è, se non inventare nuove strade, avanzare, attivare percorsi ed energie? Partendo da quello che abbiamo, crescere, ma anche evitare la noia delle abitudini, degli ordini e delle costrizioni. Ci sentiamo parte, attraverso il nostro lavoro, di un mondo libero e di un tempo in movimento. Succede quando si è felici. Così ci sentiamo ora, per l'esperienza di questi anni e per le tante persone che da noi non consumano solo cibo, ma fanno parte di un pensiero unico. Di un progresso diverso. Di una piccola liberazione da dogmi imposti.

Consapevolezza e coerenza che portano alla libertà. Solo quando possiamo scegliere secondo i nostri principi siamo veramente liberi, ma dimentichiamo spesso questo paradigma fondamentale mentre acquistiamo soprattutto le cose che mangiamo. Al mercato, in bottega, al ristorante basterebbe vivere come ciò che professiamo. Perché se diciamo di essere liberi non acquistiamo secondo i nostri reali bisogni o valori? Permettiamo ad “autorità” esterne di guidare le nostre scelte. Chi sta decidendo per noi? Il profitto?

L'economia? La pigrizia? Chi ha ingabbiato i nostri valori per imporre i suoi? Ci siamo chiesti come trasmettere ciò fin'ora realizzato ed elaborato con questa esperienza. Come metterlo in circolo. Come fare evadere la nostra idea di libertà?

È un momento in cui sentiamo il bisogno di “andare” e non di “farci trovare”. Di arrivare e non di aspettare. Di giungere nei luoghi e portare il Cibo. Non il prodotto alimentare. Riteniamo prigione pensare che siamo staccati dall'Anima Mundi. È prigione collocarci in una dimensione, in un ruolo, in una scelta senza pensare alla possibilità che essa cambi. È anima anche ciò che è fuori di noi. Nei luoghi. L'anima si “fa” anche attraverso i posti. Va all'aria aperta. Ed è proprio da qui che parte il pensiero, il nuovo progetto “en plain air”.

Ciò che oggi sentiamo forte è l'esigenza di movimento e cibo. In questo caso prigione “è solo un attimo”, quel blocco prima del lancio a cui ci prepariamo. Quel momento di raccoglimento in cui si elaborano le nuove iniziazioni, quelle che chiamiamo comunemente esperienza. Ci accorgiamo quindi che finora per comunicare attraverso il lavoro abbiamo usato il linguaggio della struttura, della definizione del luogo. In questo momento lo troviamo arcaico e in un nuovo progetto useremo parole dirette, spogliate da un contesto di “rappresentanza” parole come CIBO e MOVIMENTO.

Per questo ora lavoriamo alla realizzazione di un'attività che si colloca a metà tra il residenziale e l'informale, al pari del cibo di strada, portando però con sé i principi dell'eticità e della sostenibilità. Crediamo che pensando il cibo come esperienza “olistica/globale” saremo più consapevoli e responsabili decidendo ciò che è giusto per noi.

Quello che è Essenziale. Una rottura forte, una evasione completa. Il cibo scevro dalla struttura convenzionale moderna. Liberato cioè dalla pubblicità, dalle super elaborazioni, dalla sovraesposizione,dal lusso. Il Cibo che ritorna ad essere Nutrimento.

Carburante sano del nostro movimento nel mondo, nella socialità, nell'esperienza, per partecipare. La partecipazione è ovunque la mente diventa viva.

La ricerca del posto dove stare, il posto perfetto dovrebbe seguire la vitalità del pensiero. E così faremo. Questo può realizzarsi in qualunque luogo. Siamo schiavi quando guardiamo con occhi spauriti chi si muove dal “suo” posto, chi per diverse ragioni non vuole o non può ancorarsi alla terra. Forse avrebbe senso chiederci se il segreto non sta nel movimento, aprire la prigione, lasciarsi andare...

 

Chi è | Maria D'Errico

Interprete di Lingua dei Segni in progetti europei, appassionata del mondo della degustazione e alle tecniche di assaggio legate alle più importanti produzioni italiane. Assaggiatrice di olio d'oliva e di formaggi, iscritta all'Albo Nazionale degli Assaggiatori Ufficiali. Nel 2013 apre il locale Biolento Cafè ad Arezzo insieme ad Enzo Puca, laureato in Conservazione dei Beni Culturali, restauratore, appassionato di fotografia ed enogastronomia.

© Edizioni Archos

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