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Dr Clair Le Couteur e il pensiero non-binario

Come e perché trascendere la mente dualistica per cambiare il mondo


Foto © Paul Emmery


Non mi sono mai sentito maschio, ma nemmeno femmina. Da giovane mi sentivo come una volpe in un branco di cani... della specie sbagliata.


Dr Clair Le Couteur: Vengo da una famiglia di psicologi e medici che mi è sempre molta vicina. Nonostante tutto, feci coming out come trans alla tenera età di 33 anni. Ero terrorizzato. Intorno ai 18 giravo con amici con cui potevo sperimentare con la femminilità, ma alla fine la pressione era tale che decisi di fingere di essere un maschio a vita e diventai un drag king con abiti, cravatte, gilet e camicie vintage in grande stile. Ora vedendola come performance, imparai a fare l’uomo piuttosto bene. Sono alto e faccio bene la voce profonda. Credevo d’essere destinato alla clandestinità, ma poi, tra un divorzio e il dottorato, capii di non poter piacere a tutti. Riuscivo a vedermi come travestito o donna transessuale, ma non volevo passare dalla trappola della scatola maschile a quella femminile. "Transgender" significa cambiare nome e ruolo sociale; "transessuale" implica anche interventi medici e il confine tra i due generi non è netto. Io decisi di cambiare nome e cominciare una transizione sociale piuttosto che medica, che mi aiutò molto a guarire la disforia che allora adombrava ogni aspetto della mia vita.


Franca Pauli: La tua ricerca artistica ha influenzato questo processo?

Nella mia ricerca, arte e storytelling dialogano fra loro per cui, applicandovi il pensiero non-binario, metto in discussione l’idea stessa di categoria. Nell’installazione Roots Between the Tides, invece che classificare gli oggetti in scatole, li classificai in reti: non gruppi di cose simili ma gruppi di differenze associate fra loro. Sono affascinato dal pensiero dualistico in quanto pregiudizio sistemico talmente profondo da creare un campo di pensiero oltre al quale è difficile perfino riuscire a pensare. Perfino gli intellettuali talvolta si sentono sopraffatti della realtà e vi si rifugiano semplificandola. Il pensiero dualistico offre l’illusione di un profondo equilibrio: bianco/nero, buono/cattivo, maschio/femmina, mente/corpo... opposizioni concettuali. Una logica culturale intrinseca che distorce il senso di realtà, sia nel pensiero religioso che in quello scientifico.


Pensi in questo vi sia un fattore di paura?

Nelle persone abituate alla visione dualistica del mondo, lo stress e il trauma lo intensificano e lo fanno diventare, per così dire, in bianco e nero. Se il tuo sé reale è in contrasto con il non-sé che hai creato, l’idea di sconosciuti che penetrano la tua sfera infettandola con cose estranee e pericolose è un incubo. Noi persone trans, gli immigrati, le razze che si mescolano... pensieri che minacciano queste identità alla base e, con esse, storia, nazione, religione e realtà tutta. Bisogna riconoscere questa angoscia e non condannare frettolosamente chi prova un istinto omofobo, transfobico o xenofobo perché provengono da un vero orrore esistenziale... Paradossalmente, combattere il dualismo ne produce altro. Genere, sesso e sessualità sono visti come la stessa cosa, ma se presti attenzione, emergono sfumature ideologiche... È pericoloso.


Per lo status quo?

Per il “conservatore dualistico”, sì. Si può essere conservatori anche oltre il dualismo. Sinistra e destra non equivalgono a bene e male, ma entrambi credono di essere nel giusto. Per questo il pensiero non-binario è così utile, perché riporta le questioni in contesto. Studio anche le tradizioni popolari: luoghi piuttosto che nazioni e confini, flussi di persone e informazioni… sai che il kilt e le cornamuse si trovano fino in Estonia? Questo è ciò che chiamo "nuovo materialismo". Per sfuggire all’ideologia, dobbiamo concentrarci sul materiale. Accusano noi trans di negare la realtà biologica, ma di fatto la esaminiamo nel minimo dettaglio. Dove nasce l’identità di genere? Non ci è dato di scegliere la nostra sessualità né il nostro genere. Il pensiero non-binario rivela la visione dualistica. Per il dualismo, le cose sono dentro o fuori gli schemi. Qualunque cosa non vi rientri, va a minacciare la struttura ideologica alla base stessa della realtà. Molti credono che sia una struttura che la tiene insieme, ma non è altro che un letto di Procuste...


Il contesto storico cambia, ma le inclinazioni umane sono le stesse...

Noi trans siamo sempre esistiti nella storia. La Bibbia proibisce il travestitismo (Deuteronomio 22: 5) perché esisteva, sennò perché vietarlo? Dall’antica Cina all’Egitto fino ai Maya noi trans veniamo sempre percepiti come troppo nuovi, non importa da quanto esistiamo.


E riguardo la lingua?

L’approccio non-binario è la chiave. Servono pronomi singolari non-binari. Il linguaggio non-binario ci libera dal pensiero automatico per cui il viso definisce il carattere, il nome definisce chi siamo e i genitali ciò che desideriamo. È una questione progettuale prima ancora che morale o filosofica. Dobbiamo riprogettare la nostra lingua per guardare meglio al mondo.

© Edizioni Archos

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