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La costruzione del proprio spazio tra vissuto umano e professionale


La casa che l’architetto fiorentino Walter Di Salvo progettò e fece costruire per sé nel 1976 a Punta Ala in Toscana

C’è una foto che Walter Di Salvo conservava quasi come una reliquia all’ingresso della sua casa, poggiata accanto alla targa del Premio IN-ARCH ricevuto nel 1990 per il progetto del Complesso Sole Maremma a Castiglione della Pescaia. È la foto dell’incrociatore russo “Aurora” che, nel portare i soccorsi alla popolazione di Messina e Reggio Calabria, colpite dal terremoto del 1908, raccolse suo padre in fin di vita in mezzo al mare, dove era finito risucchiato dal maremoto. Diciotto anni dopo, a Firenze, dove nel frattempo la famiglia messinese Di Salvo si era trasferita, nasceva Walter. La foto, mi ha raccontato lui stesso più volte, era messa lì volutamente; spinge a meditare quotidianamente sull'importanza del caso nella nostra vita, dove può bastare un banale imprevisto, non necessariamente un terremoto, e il corso dell'esistenza può subire una virata decisiva. Ed è messa lì a riflettere sul controverso e impegnativo rapporto tra il caso e la necessità nelle vicende umane e a ricordare che la vita è fatta di momenti e di opportunità.

[...] L’architettura, internamente e esternamente, materializza le passioni dell’architetto e riflette la sua personalità, a partire dal luogo dove è ubicata, alla struttura, alla conformazione degli spazi e dei materiali utilizzati, fino agli arredi e agli oggetti disposti. L’abitazione di Walter non è una casa qualsiasi: è la costruzione del proprio luogo, un rifugio che può esser letto come un percorso nella memoria, una meravigliosa autobiografia degli oggetti che raccontano l'universo intimo dei diari e degli affetti dell'architetto. Impostata su di una collina che domina tutto il golfo da Punta Ala fino a Follonica e Piombino, è disposta su due piani, con al piano terra la zona giorno dove gli ambienti si susseguono uno accanto all’altro, collegati da un corridoio che li distribuisce a pettine; ognuno di questi spazi è dettato dall’uso di una composizione modulare di m 5x5 (con sottomoduli), con l’affaccio verso valle. Ad ogni ambiente interno corrisponde una terrazza esterna, parzialmente coperta, che permette un prolungamento della vita domestica e una maggiore corrispondenza con la natura circostante. Il retro della casa poggia direttamente sulla pendenza della collina, dando così continuità alla stessa.

[...] Al piano superiore vi è la zona notte; due camere in totale, di cui una soltanto per gli eventuali ospiti, a rafforzare il carattere intimo e di “eremo” privato dell’architetto. C’è un richiamo anche alla casa mediterranea, ma solo come un ricordo, rappresentato dal patio attorno al quale si articolano le camere da letto e lo studio. I serramenti sono scorrevoli e totalmente vetrati. Il linguaggio costruttivo richiama esplicitamente Richard Neutra, mentre un altro grande maestro del Moderno sembra aver suggerito gli arredi interni: Alvar Aalto. Divisori ed arredi sono infatti costruiti con una sola materia: il mattone smaltato bianco. Pavimento e soffitto sono identici, speculari, a doghe longitudinali di frassino bianco. Un doppio taglio nero – due C di alluminio anodizzato – dividono pavimento e soffitto dalla muratura di mattoni bianchi, alleggerendo la parete come se fosse un semplice pannello. In questa casa, oltre a ritrovare i debiti culturali di Walter (pensiamo ai numerosi arredi di design), possiamo incontrare le sue passioni. Come i viaggi.

Nel tinello dove era solito mangiare, il regno della dolce Sujatha, domestica e gran cuoca che per circa 20 anni si è occupata della casa, una parete è interamente coperta da una carta geografica della Terra. Sopra, con penna biro, sono segnati i luoghi che Walter ha visitato nell’arco della sua vita, correlati da tracciati per indicare i percorsi e gli spostamenti: non c’è continente e Paese dove non sia stato. Oppure la musica. Grande appassionato degli autori romantici classici, Walter possedeva una ricca collezione di dischi in vinile e cd, unitamente a strumenti di ascolto, ormai vintage, che fanno bella mostra sui mobili e sulle pareti attrezzate della casa. Tutto il soggiorno è dotato di impianto audio con casse sistemate nel controsoffitto, pensato fin dalla progettazione iniziale di questo ambiente. Quasi al centro del living, un pianoforte a coda (anche questo lo ritroviamo già individuato fin dalle prime piante di progetto), teatro di serate di ascolto con amici appassionati come lui.

[...] La casa dello Scoglietto trasuda cultura, rivela ricordi, racconta storie; come la biblioteca sistemata nell’ala meridionale, dove con pazienza e amore Letizia, moglie dell’architetto, ha raccolto più di 5000 volumi, frutto di passioni, curiosità e interessi, tutti schedati e catalogati. Nella vergine Punta Ala, Di Salvo ha potuto inverare con il cemento, la pietra, il ferro, il legno e il vetro, le lezioni dei suoi maestri inconfutabili, a cominciare dall’amato Frank Lloyd Wright. Le sue architetture, coraggiose e ardite, dalle composizioni pulite, impeccabili nel disegno di dettaglio, mostrano ancora oggi tutta la loro attualità, a dimostrazione che l’architettura è soprattutto una questione di spazio e non di stile, che si risolve certo poi attraverso un linguaggio formale. Architetture esemplari (la sua stessa casa è stata dichiarata dal MiBACT “opera di eccellenza” del patrimonio dell’architettura del Novecento in Toscana), come l’esistenza intera di Walter, limpida come i suoi occhi chiari da cui era impossibile non rimanere attratti, o come quel mare in cui fu raccolto suo padre, a cui Walter piaceva pensare come il vero inizio della sua vita.

Estratto dall'articolo pubblicato su ArtApp 19 | IL LUOGO

Photo courtesy Archivio Walter Di Salvo


© Edizioni Archos

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