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La peste emozionale di Wilhelm Reich


Un grande scienziato del secolo scorso, ideatore di scoperte rivoluzionarie nel campo della scienza che contrastavano i dogmi della scienza ufficiale

La prigione nel corso delle civiltà umane, è sempre stato un luogo di isolamento per tutti coloro che non rispettavano le regole o le idee approvate in quel momento.

La Storia ci ha tramandato i nomi di tante vittime innocenti, rinchiuse solo perché non si adeguavano ai modelli correnti. Ultimamente sono stati pubblicati diversi libri su Wilhelm Reich (1897-1957), un grande scienziato del secolo scorso, ideatore di scoperte rivoluzionarie nel campo della scienza che contrastavano i dogmi della scienza ufficiale e che, per tale motivo, furono oggetto prima di derisioni e poi di accuse, terminate con la sua condanna alla prigione. Malattie del corpo (il cancro) e malattie dell’atmosfera (siccità e alluvioni) furono al centro dei suoi sforzi intellettuali, con risultati strabilianti, ma anche temuti dai suoi contemporanei.

Tra i pochi ricercatori dell’epoca moderna interessati all’origine dell’energia vitale, quella forza descritta fin dall’antichità per indicare la vita e il suo buon funzionamento, Reich ideò strumenti, dai costi irrisori, per migliorare la salute dell’uomo, in caso di malattie terminali come il cancro, ma anche macchine in grado di modificare la formazione delle nuvole e quindi di provocare temporali in aree desertiche.

Queste macchine chiamate Cloudbuster, sperimentalmente furono in grado di creare piovosità nel deserto dell’Arizona negli anni’50 e costituirono l’ispirazione per lo struggente video che la cantante Kate Bush produsse nel 1985 per accompagnare la sua canzone “Cloudbusting”, interpretato dalla stessa artista inglese e dall’attore Donald Sutherland.

Una vicenda paradigmatica di tante altre già avvenute in passato e concluse purtroppo in modo tragico. Se nei secoli più lontani, l’oscurantismo scientifico aveva una matrice religiosa, nel caso di Reich, che è vissuto nel XX secolo, le ragioni erano di altra natura. Ogni teoria che rompa con quelle del passato, trova inevitabilmente molti avversari per la grande difficoltà che il mondo scientifico, e di riflesso la società, ha sempre dimostrato nei confronti delle idee nuove. Senza andare troppo nel passato, si dice che Max Planck, premio Nobel per la Fisica e ideatore della teoria dei quanti, che ha preceduto lo sviluppo della fisica quantica moderna, quando gli fu chiesto come avesse fatto a convincere i suoi coetanei accademici, rispose: “Semplice. Ho aspettato che morissero tutti”.

Ed è cronaca recente il fatto che un premio Nobel per la Medicina del 2008, il prof. Luc Montagnier, per dedicarsi alle sue ricerche sulla memoria dell’acqua, abbia scelto le università cinesi, prive di pregiudizi accademici. Non a caso lo stesso Montagnier in un’intervista ad un famoso quotidiano italiano ha affermato: “Oggi l’oscurantismo non appartiene alla Chiesa, ma agli scienziati. Perché crede che pubblichi le mie ricerche sulle riviste cinesi? Perché se solo mi avvicinassi a quelle occidentali tirerebbero fuori le pistole”.

Di fronte a questa “guerra” contro le idee che non collimano con i pensieri correnti, W. Reich diede una geniale spiegazione coniando un termine singolare: la peste emozionale. Avendo vissuto gli orrori del “fascismo nero”, come definiva il nazismo, e del “fascismo rosso”, riferito alla dittatura bolscevica russa, lo scienziato scrisse che le persone affette da questa peste non volevano tollerare idee e azioni non conformi al loro rigido modo di pensare, non sopportavano di vedere la gente felice e in salute e di conseguenza sostituivano gli obiettivi della libertà personale e della grandezza personale con quelli della libertà nazionale e degli interessi dello Stato.

Esempi del passato erano costituiti dalla Santa Inquisizione nel Medioevo o dal Fascismo del ventesimo secolo. La sicurezza veniva anteposta alla libertà dell’individuo o alla ricerca della verità. Ciò che Reich ha chiamato peste emozionale” è una forza che spinge le autorità a esercitare il controllo delle vite altrui per i propri interessi. Ha usato il termine “peste” per indicare una forma infettiva e contagiosa di pulsione a controllare il comportamento degli altri. Secondo Reich, gli individui sani si distinguono per la capacità di donare, di aiutare e di consigliare il meglio agli altri, invece quelli affetti dalla peste emozionale sono avari, scaltri e costringono il prossimo al proprio volere con la forza. Se gli individui sani sono felici e manifestano l’amore con una vita esemplare, quelli malati combattono contro coloro che hanno stili di vita diversi.

Purtroppo la malattia affligge uomini in apparenza intelligenti e dotati di tanta energia, che acquistano ruoli chiave nelle Istituzioni di potere della società politica moderna.

Reich scriveva: “Noi vediamo che il compasso della peste emozionale coincide approssimativamente con l’ampio compasso dell’abuso sociale, che è sempre stato, ed è anche oggi, combattuto da ogni movimento sociale per la libertà”.

La paura della libertà e la paura della propria responsabilità, l’invidia verso le persone sane, le attività perverse nei confronti dl sesso, come la pornografia, il sadismo fisico e morale erano giudicate conseguenze della peste emozionale. Secondo lo scienziato queste persone malate avevano una forte tendenza a raggrupparsi in circoli o gruppi sociali dotati di una grande intolleranza verso le questioni della sessualità naturale e nel tempo sviluppavano una speciale tecnica nella diffamazione altrui.

La terapia della peste emozionale poteva essere solo una: ristabilire la vita “naturale”, proiettata verso l’amore, unica forza in grado di liberare il mondo dalle nevrosi caratteriali e dalla peste emozionale nelle sue varie forme.

Il grido di sofferenza dello scienziato non fu mai ascoltato. Forse Reich era consapevole che la peste emozionale affliggesse la società contemporanea in modo capillare e che pensare di uscirne fosse solo un’utopia. Questa sua convinzione può spiegare il suo comportamento di fronte ai Tribunali americani che lo incolparono, in modo ridicolo, di frode per le sue iniziative scientifiche. Lui scelse di non essere difeso da alcun avvocato e subì la pena della prigione, forse consapevole che la peste emozionale fosse troppo diffusa. E pagò con la morte, a detta di molti “procurata”, il suo cristallino amore per la vita e la verità.

Articolo pubblicato su ArtApp 16 | LA PRIGIONE

 

Chi è | Alberto Mazzocchi

Vive tra Bergamo e Osimo dove ha ridato vita a una antica precettoria

Templare del XIII secolo. Medico, ricercatore, viaggiatore, innamorato della vita e dei suoi misteri, è autore di numerosi studi scientifici, pubblicati sulle riviste specializzate, e di articoli e libri divulgativi.

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© Edizioni Archos

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