Le ragazze del Bauhaus e il caso Margarete Heymann
L'esposizione, nel celebrare il talento dell'artista tedesca, sottolinea l’importanza del ruolo delle donne nel Bauhaus, la prima scuola d’arte aperta anche per loro

“Le ragazze del Bauhaus e il caso Margarete Heymann”, CAOS – Centro Arti Opificio Siri, Terni | Fotografie di Leonardo Zen
Nella Sala Carroponte del CAOS – Centro Arti Opificio Siri, a Terni, è in corso la mostra “Le ragazze del Bauhaus e il caso Margarete Heymann” - a cura di Carlo Terrosi, presidente della Cooperativa Le Macchine Celibi, con la consulenza scientifica di Roberto Terrosi, ex docente di estetica all’Università di Sendai. Questa esposizione celebra Margarete Heymann, una delle prime donne iscritte alla scuola d’arte Bauhaus e illustre designer di ceramica, si compone di 150 opere, in maggioranza ceramiche, oggetti in metallo e tessuti dell’epoca, delle riedizioni dei maestri della scuola Bauhaus e alcune litografie di Vasilij Kandinskij che sono parte della collezione permanente del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Aurelio De Felice.

Dopo la morte del marito, caduto in un incidente stradale, Margarete Heymann portò coraggiosamente avanti l’importante azienda di produzione di ceramiche, la Haël Workshops for Artistic Ceramics, fondata nel 1923, sfidando tutti i preconcetti sul ruolo della donna nella società del tempo e mostrando la volontà di portare avanti il design Bauhaus con le sue ceramiche che, all’epoca, era considerato d’avanguardia. Ebrea di nascita, Margarete Heymann, non tardò ad attirare attacchi personali da parte dei nazisti, fortemente attratti dall’importanza dell’azienda che lei gestiva.

Teiera, lattiera e zuccheriera, Margarete Heymann-Löbenstein, 1930 circa
A seguito della crisi economica del 1929, Margarete Heymann fu costretta a cedere l’azienda nei primi anni Trenta. Anche perché venne nuovamente attaccata dai nazisti con un articolo, uscito sulla rivista Der Angriff (L’assalto), il 20 maggio 1935, intitolato La ceramica ebraica nella camera degli orrori. Nell’articolo si mettevano a confronto le ceramiche d’avanguardia della Heymann con quelle della ben più moderata ceramista Hedwig Bollhagen, definendo infine la sua arte come degenerata. Solo dopo tali attacchi, Margerete Heymann si convinse a cedere la propria azienda a prezzi da liquidazione, per passarla proprio nelle mani di Hedwig Bollhagen, che non si fece alcuno scrupolo a utilizzare i disegni e le idee di Margarete Heymann, soprattutto per risollevare le sorti della fabbrica, consapevole del fatto che queste linee innovative venivano molto più apprezzate dal pubblico.

Anche in seguito, la Bollhagen continuò a utilizzare lo stile Bauhaus per continuare ad avere successo. Per questo motivo, dopo la sua morte, venne celebrata come una grande designer e le venne dedicato un museo. Solo più tardi alcuni giornalisti fecero luce sulla questione, rivelando i proverbiali scheletri nell’armadio. La vendita forzata dell’azienda era stata a tutti gli effetti una arianizzazione, ovvero l’atto con cui i nazisti espropriavano le aziende agli ebrei. Così per Margarete Heymann non ci fu né successo, né riconoscimento. Dopo aver trovato riparo a Londra, provò ad aprire un’azienda analoga in Gran Bretagna, senza però riscuotere lo stesso successo avuto nella Germania degli anni Venti, così nel tempo la sua attività cadde nel dimenticatoio, per questo, ancora oggi, Margarete Heymann aspetta che i propri meriti artistici vengano pienamente riconosciuti.

Oggetti di ceramica di Margarete Heymann, 1923 - 1934. Collezione del Museo Ebraico di Berlino
L’intenzione di questa mostra è riscoprire e celebrare l’importanza del ruolo delle donne nel Bauhaus, dal momento che, essendo la prima scuola d’arte aperta alle donne, fu presa d’assalto da tante ragazze desiderose di innovazione e di opportunità in una società ancora oppressa da una forte impronta patriarcale, ma è anche e soprattutto un tributo e un atto moralmente dovuto a Margarete Heymann: quello di riscattare un’artista ingiustamente emarginata a causa delle discriminazioni razziali.
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