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Memoriale Brion: un dialogo, tra materia e natura, che porta all’eternità

Progettato dall’architetto Carlo Scarpa, il Memoriale è un’opera che supera il significato di un complesso funerario. Cemento, acqua, giardino, legno e luce sono intrecciati da Scarpa in un dialogo continuo, dove ogni dettaglio è diventato un simbolo


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Carlo Scarpa, Memoriale Brion, San Vito di Altivole (TV) | Foto © Stefano Perego


Il Memoriale Brion, immerso nella campagna veneta a San Vito di Altivole, con i suoi 2.400 km quadrati circa, si presenta come un luogo dove la materia e la natura dialogano con equilibrio. Il cemento con cui è stato costruito si unisce al verde della campagna e all’acqua, trasformando la sua architettura in uno spazio che tiene insieme vita e memoria, in una dimensione pensata per durare oltre il tempo. Con il restauro, avvenuto dal 2015 al 2018, si è scelto di parlare non più di Tomba ma di Memoriale Brion, per sottolineare come l’opera superi il semplice ruolo di sepolcro per diventare architettura autonoma.

 

Fu commissionato alla fine degli anni Sessanta da Onorina Tomasin in ricordo del marito Giuseppe Brion, fondatore della Brionvega, e la sua progettazione affidata all’architetto Carlo Scarpa, che ne fece uno dei suoi lavori più intensi nonché l’ultimo. Il progetto durò dal 1970 al 1978, anno della morte accidentale di Scarpa a Sendai, in Giappone. L’accesso al Memoriale è segnato da una imponente conifera, un Cedrus atlantica glauca pendula, la cui chioma ricadente suggerisce un varco discreto e raccolto. Superata questa soglia verde, il propileo introduce al complesso in cemento armato, animato dai dettagli artigianali e dal dialogo con il paesaggio. Già dal propileo, subito sulla parete di fronte, spiccano i due grandi cerchi intrecciati uno rosso e uno blu, simbolo di unione e continuità.


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Carlo Scarpa, Memoriale Brion, San Vito di Altivole (TV) | Foto © Wikipedia


Oltrepassando il propileo, salendo i tre grandi gradini posti verso sinistra dal centro, ci si addentra in un portico, dove svoltando a destra il pavimento levigato dal tempo risuona a ogni passo: un invito esplicito al silenzio, che prepara al raccoglimento interiore, per approdare al padiglione della meditazione posto in un laghetto dove ninfee, fiori di loto e pesci ricreano un ambiente tipicamente orientale. Concepito da Scarpa come ambiente intimo, il legno, accostato al cemento armato, dona calore e sensibilità al tempo, in contrasto con la durezza del materiale principale. Non parla di culto religioso, ma di ascolto interiore, amplificato dal respiro dell’acqua.

 

Per continuare la visita bisogna riprendere il camminamento coperto e percorrerlo fino la fine. Lungo questo tragitto l’acqua del padiglione, attraverso un piccolo canale dove viene ripreso nuovamente il simbolo dei cerchi intrecciati, ci porta fino all’arcosolio. Il fluire dell’acqua ci accompagna non solo come elemento naturale ma anche percorso simbolico, che assume un ruolo che va oltre il paesaggio: è il richiamo alla vita in un luogo nato per custodire il ricordo dei defunti e accompagna chi vi entra attraverso un cammino di continuità.


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Carlo Scarpa, Memoriale Brion, San Vito di Altivole (TV) | Foto © LeonL


Il sepolcro collocato in una nicchia ad arco custodisce le tombe di Onorina e Giuseppe Brion. Scarpa lo aveva immaginato con un pavimento concavo, capace di raccogliere l’acqua e trasformarsi in una sorta di mare, sul quale le due tombe che si innalzano in modo obliquo senza toccarsi e, alla forma che ricorda una barca, sarebbero apparse sospese. L’idea fu modificata su richiesta di Onorina, che preferì un assetto più semplice per poter sostare accanto al marito.

 

Sopra le sepolture si apre un soffitto a mosaico su foglie d’oro, che cattura la luce e avvolge lo spazio in una luminosità solenne. Accanto all’arcosolio trovano posto altre sepolture della famiglia, integrate con discrezione nel disegno complessivo. Non sono elementi isolati, ma parti di un unico racconto che Scarpa intreccia tra architettura, acqua e natura. È un contesto che prepara al tempietto, luogo centrale del memoriale, dove il tema della meditazione e del raccoglimento trova la sua espressione più compiuta.


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Carlo Scarpa, Memoriale Brion, San Vito di Altivole (TV) | Foto © Wittylama


Il cammino prosegue fino al tempietto, fulcro simbolico del Memoriale, dove la chiesa mai consacrata completa il complesso. Anche qui l’acqua è presenza costante: circonda lo spazio, riflette la luce e amplifica il silenzio, rendendo l’ambiente parte di un unico paesaggio continuo. La geometria diventa linguaggio: il cerchio, simbolo di infinito e apertura, si confronta con il quadrato, segno di misura e stabilità. È un equilibrio che riflette l’incontro tra tradizione occidentale e sensibilità orientale, due mondi che Scarpa fuse in un’unica architettura.

 

Il percorso del Memoriale non si esaurisce con le tombe della famiglia Brion. Poco distante, in una posizione appartata, si trova la sepoltura di Carlo Scarpa. L’architetto scelse di farsi accogliere all’interno della sua opera, quasi a fondersi con essa. La sua tomba, volutamente sobria, è segnata da una lastra inclinata che porta un forte richiamo al suo amato Giappone, terra a cui era profondamente legato e da cui aveva tratto ispirazione.


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Carlo Scarpa, Memoriale Brion, San Vito di Altivole (TV) | Foto © Wittylama


Il Memoriale Brion si presenta così come un’opera che supera il significato di un complesso funerario. Cemento, acqua, giardino, legno e luce sono intrecciati da Scarpa in un dialogo continuo, dove ogni dettaglio diventa simbolo. È un luogo che custodisce la memoria ma allo stesso tempo parla di vita, unendo Oriente e Occidente, misura e infinito. Nell’incontro tra materia e natura si rivela una riflessione universale sul tempo e sull’eternità, resa accessibile a chiunque lo attraversi.

 

© Edizioni Archos

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