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OLTRE. Gianriccardo Piccoli e il respiro delle cose

Nel silenzio sospeso dell’ex Colorificio Migliavacca di Bergamo, Gianriccardo Piccoli intreccia pittura e rovina in un respiro comune, dove le opere salvate dall’alluvione del 2024 ritrovano luce in uno spazio ferito che diventa gesto di rinascita.


Gianriccardo Piccoli, Nostalgia 2, olio e garza su tela, 2024
Gianriccardo Piccoli, Nostalgia 2, olio e garza su tela, 2024

Immaginate una fabbrica abbandonata: cemento e ferro immersi nel silenzio, l’aria densa di polvere e luce che scivola su muri corrosi e macchie d’umidità. Tutto sembra sospeso: il rumore, il tempo, il respiro. È un luogo dimenticato, eppure vivo. Le pareti conservano l’eco del lavoro, il peso delle mani, la memoria delle voci che lo abitarono.

In questo spazio fragile e vibrante – l’ex Colorificio Migliavacca di Bergamo – dal 17 ottobre 2025 prende forma OLTRE, la nuova mostra di Gianriccardo Piccoli, curata da Giuliano Zanchi con allestimento di Edoardo Milesi. Non un’esposizione tradizionale, ma un incontro tra due fragilità: quella di un edificio in rovina e quella di un archivio d’artista che ha conosciuto la furia dell’acqua.


Nell’autunno del 2024, un’improvvisa ondata di piogge travolse Bergamo. Il torrente Morla, uscito dagli argini, invase interi quartieri, sommergendo anche lo studio di Piccoli. In poche ore, l’acqua cancellò decenni di lavoro: tele, carte, pigmenti, ricordi. Quando tornò il silenzio, l’artista entrò nel suo atelier e trovò le opere deformate, il colore alterato, le garze gonfie di fango. Ma non si arrese. Raccolse ciò che restava e le trasferì proprio qui, dentro il Migliavacca, un edificio dismesso da oltre trent’anni, per farle respirare e rinascere lentamente.

È in questo gesto che OLTRE trova la sua origine e il suo senso. Le cinquantatré opere esposte sono le stesse che l’acqua aveva ferito: non restaurate in laboratorio, ma curate dall’artista stesso, giorno dopo giorno, nel luogo della mostra. All’interno del capannone, tra le pareti scrostate e i macchinari arrugginiti, Piccoli ha allestito un laboratorio di restauro visibile al pubblico. Qui, in un silenzio che sembra preghiera, l’artista lavora con garze, panni, solventi, lasciando che la materia si risvegli lentamente. È un restauro paziente, quasi meditativo, in cui ogni gesto non cancella ma ascolta: ascolta la superficie, la crepa, il respiro che la pittura ancora emette.


Gianriccardo Piccoli nel suo studio di Bergamo
Gianriccardo Piccoli nel suo studio di Bergamo

Camminando nello spazio, si percepisce che le opere e il luogo non sono due entità separate. I muri scrostati sembrano proseguire le trame delle tele, la muffa si confonde con i pigmenti, la luce del pomeriggio si posa sulle garze come su pelle viva. La pittura di Piccoli, da sempre sospesa tra materia e spirito, qui trova un compimento naturale. Le sue velature, i suoi strati sottili di colore e trasparenza, si riflettono nell’ambiente che le accoglie, come se fossero nate insieme.

L’allestimento ideato da Edoardo Milesi accompagna questa fusione senza imporla: non cerca di nascondere le ferite del luogo, ma le lascia parlare. Tutto è in equilibrio precario, ma sincero: l’opera e l’edificio si riconoscono per affinità, per destino. Insieme formano un’unica grande installazione di tempo e memoria, dove la pittura non è appesa ma immersa, parte del respiro del luogo.


Nel Migliavacca, che un secolo fa produceva vernici e oggi custodisce quadri segnati dall’acqua, il cerchio si chiude. È come se il colore fosse tornato a casa, in un ciclo che unisce produzione e contemplazione, lavoro e salvezza. L’arte non si mostra, ma si rigenera, lentamente, sotto gli occhi del visitatore.

Curata da Giuliano Zanchi, la mostra diventa un racconto sulla possibilità di rinascita, sul senso della cura come gesto artistico e umano. Piccoli non cancella le tracce dell’alluvione: le trasforma in segni. Quelle macchie, quelle pieghe, quelle trasparenze diventano la prova di una sopravvivenza, la forma visibile della resistenza. Le sue tele non sono immagini, ma corpi che respirano; non raccontano la distruzione, ma la metamorfosi.


Una delle sale espositive all'interno dell'ex colorificio Migliavacca
Una delle sale espositive all'interno dell'ex colorificio Migliavacca

E il Colorificio Migliavacca, prossimo alla demolizione, partecipa a questa stessa metamorfosi. Prima di scomparire, rinasce come spazio di incontro, come laboratorio di cultura viva, come architettura che si concede un’ultima, luminosa stagione di senso.

Alla fine del percorso, quando la luce cala e la polvere torna a posarsi, rimane la sensazione di aver assistito a un rito silenzioso: non la celebrazione della pittura, ma la testimonianza della sua tenacia. Perché OLTRE non è solo una mostra: è una meditazione sulla fragilità del mondo e sulla forza della mano che continua, nonostante tutto, a creare. In quella lentezza del restauro, nel respiro della materia, Gianriccardo Piccoli ci restituisce una verità semplice e disarmante: la bellezza sopravvive solo quando accetta di essere ferita.

© Edizioni Archos

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