Gli ultimi vent'anni del quartiere di Torino raccontati in una mostra
Photo © Fondazione Mirafiori
Mirafiori è la Fabbrica. Un quartiere dove vivevano 60 mila persone che si muovevano dentro quei 5 milioni di mq, dalla cultura della Fabbrica, dagli orari, dai rumori, dalla solidarietà che nasceva nella pratica quotidiana. Così è stato per moltissimi anni, Mirafiori non un luogo di persone, ma una simbiosi tra il luogo di lavoro e la vita. Fino al 10 settembre 1980 quando la Fiat inviò 14.469 lettere di licenziamento, quando iniziò quello che potremmo definire il divorzio produttivo tra la Fabbrica e il quartiere. Uno shock che ha imposto un cambiamento di prospettiva, ridisegnato scelte di vita e ha condotto i tanti cassaintegrati in una fase di afasia, di perdita non solo del lavoro, ma del senso stesso dell’esistere.
Mirafiori è diventata una periferia esistenziale, i cortili si sono svuotati, gli anziani sono rimasti soli, e la vita ha perso la sua dimensione collettiva e comunitaria per ripiegarsi nell’autosufficienza dell’Io, ma è stata un’illusione. Di questo e ad altro si è raccontato nella mostra “Mirafiori dopo il Mito” a Torino (dall’11 al 25 ottobre 2019 al Polo del ‘900 poi in spazi espositivi di Torino e in Italia) attraverso i racconti di chi ha vissuto quegli anni sia dentro che fuori dalla Fabbrica, mappe, fotografie e dati: un racconto corale di un quartiere dove “il declino non è diventato degrado”, secondo Bruno Manghi, e che sotto la spinta della Fondazione di Comunità sta cercando una nuova direzione.
La periferia non è solo una sommatoria di mancanze: di infrastrutture, servizi, degrado architettonico, bassa scolarità, micro-criminalità, ma è il non essere protagonisti della propria vita, lasciare che le cose vadano come devono andare, senza sentirsi responsabili di alcunché. Si vive come sudditi credendo di essere cittadini perché non si ha la forza, poiché ci si muove in modo rigorosamente individuale. Eppure la storia è andata avanti, prosegue Bruno Manghi, “continua a dispetto della storia”. Per rendersene conto basta osservare le oltre mille fotografie scattate dai ragazzi delle scuole del quartiere che permettono di vedere la vita, una vita che grida e cerca spazio anche in periferia. www.fondazionemirafiori.it
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