Il 21 gennaio 1921 nasceva il Partito Comunista d’Italia, che negli anni sarebbe diventato il più importante del mondo occidentale

Il 21 gennaio di cent’anni fa, a Livorno, nel Teatro “Carlo Goldoni”, nasceva il Partito Comunista Italiano. Il movimento operaio nelle fabbriche aveva vissuto il biennio rosso (1919 -1920) e aveva fatto esperienza dei limiti della politica e vissuto il tormento del ruolo della politica nell’organizzazione della società, svolto dagli intellettuali di cui Antonio Gramsci fu tra i primi maestri. Il Partito Comunista nasceva in un teatro, nella casa della cultura. Il teatro nella storia ha sempre rappresentato l’uomo, ha accolto i suoi sogni, si è fatto carico della sua educazione e ha guidato la sua emancipazione.
Il teatro, per le classi sociali deboli, è stato sempre uno spazio libero e accessibile, è stato L’Agorà della parola, dove i maestri hanno potuto insegnare agli oppressi e agli esclusi come sognare una vita migliore. Nel ‘900, il secolo dei totalitarismi e delle due grandi guerre mondiali, il teatro è stato l’istituzione di riferimento, di riflessione, di ricerca, di come vincere il tormento della cultura, la quale, però, ha resistito al nazifascismo e alla distruzione della violenza delle grandi guerre. Il teatro non ha mai chiuso le sue porte all’uomo, ha sempre favorito i suoi bisogni del sapere e quelli di essere ricercatore di felicità nell’arte e con l’arte.
Per fare teatro bisogna conoscere l’uomo e bisogna avere la capacità di fare il suo cammino. I cent’anni di storia del Partito Comunista, oggi profondamente cambiato, appartengono alla storia del teatro, dove è nato, perché il tormento del ruolo della cultura nella società non è finito, anzi, forse si è fatto più complicato, più complesso e più impegnativo rispetto al passato. La chiusura dei teatri ha portato silenzio e ha fatto diventare mute le città.