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Dallo scambio con la Terra arriva il nutrimento

La Pachamanca, rito ancestrale e collettivo che rende omaggio alla Madre Terra da oltre 5.000 anni


Erika Rodriguez e Billy Huaman a giugno e a settembre da 10 anni a Barge (CN) celebrano il rito della Pachamanca. Fotografie © Silvia Lombardi


Il Perù ancora oggi conserva tradizioni capaci di trasmettere la sacralità della Natura, l'importanza di una socialità sana che condivide valori fondanti e un rispetto profondo verso le eredità del passato. Un termine sempre più diffuso oggi, in questo Rinascimento della coscienza ecologica, è Pachamama che significa letteralmente "Madre del Mondo", trasformato per maggiore comprensione delle moltitudini in "Madre Terra". Cosa rimane di tutto questo oggi e nei gruppi emigrati che vivono lontani dal Paese andino? Grazie all'incontro con Erika Rodriguez e Billy Huaman, una coppia che vive in Italia da oltre 15 anni, è possibile fare esperienza della Pachamanca, parola Quechua che significa "pentola di terra", rito contadino oggi Patrimonio dell'Umanità UNESCO, diffuso già nelle civiltà pre Inca, che celebra la fertilità e tramanda la visione del mondo degli antichi popoli del Perù.


Per Erika e Billy, lei mediatrice culturale, lui cuoco, oggi preparare la Pachamanca, due volte all'anno nel loro home restaurant in una zona rurale del nord Italia, rappresenta un modo per raccontare le loro radici e per vivere la comunità. L’uomo peruviano, preincaico e incaico, viveva immerso in una Natura percepita come pervasa da sottili energie spirituali, Sacra; non si poneva, e ancora oggi non si pone, come dominatore al centro dell’Universo, si percepiva parte di un Tutto vivente, in cui ogni cosa, animata e inanimata, partecipava alla circolazione della stessa essenza divina. Il sistema sociale e mitologico della società andina preincaica si basava sull’incessante fluire, sulla capacità di fondere più azioni insieme, sullo scambio in equilibrio tra fare, dare e ricevere.



Nelle tradizioni religiose peruviane ogni cosa, alberi e piante, pietre e montagne, astri e specchi d'acqua, animali e viventi, era manifestazione dell'energia creatrice: tutte le energie erano invisibili e si manifestavano nel mondo materiale come movimento e nel mondo spirituale come vibrazioni. L'uomo peruviano preincaico aveva anticipato Einstein: sapeva che la materia è energia. Nella visione del mondo degli antichi popoli del Perù, l’Universo energetico era suddiviso in: Kay Pacha, il Mondo dei Viventi, il piano materiale della realtà, permeato dalla manifestazione di questa essenza energetica, compreso tra Hanan Pacha, il Cielo, piano puramente spirituale abitato dagli esseri celesti, gli Dei, tra cui il Sole e la Luna, regno dell’energia più sottile e "leggera", e Ukku Pacha, il “Mondo Inferiore”, il regno sotterraneo dei morti dove le energie sono più "dense". Lo scambio tra i mondi e il fluire dell'energia nelle società andine si esprimeva in una forte collaborazione e nella coesione interna alla comunità, dal microsistema famiglia al macrosistema società.


La Pachamanca in qualità di rito di offerta della comunità alla Pachamama aveva una triplice potenzialità: ringraziare la Terra per la sua fertilità, celebrare la visione dell'Universo e, infine, dare agli individui l'opportunità di collaborare nella preparazione e di condividere il pasto, sentendosi quindi parte di un coeso nucleo sociale. In origine la Pachamanca si svolgeva ai bordi del campo coltivato e tutti i componenti della famiglia collaboravano. Ancora oggi, mentre gli uomini accendono il fuoco nella buca circolare nel terreno, abbastanza grande e abbastanza profonda per preparare almeno 60 porzioni, le donne e i bambini si occupano di macinare il mais con cui prepareranno le humitas, involtini dolci-salati di mais macinato con zucchero, uvetta, anice e diversi ingredienti, avvolti nelle foglie di mais.



Raccogliere la legna, scegliere le pietre, scavare la buca, accendere e alimentare il fuoco, macinare il mais e preparare le humitas, marinare gli ingredienti e preparare le salse, spostare le pietre, inserire gli ingredienti nello spazio di cottura, decidere che è tutto cotto, sporzionare, servire e sistemare: ogni componente della famiglia ha il suo ruolo, in base all'età e al genere. La tecnica di cottura che utilizza la Pachamanca da oltre 5.000 anni è il riverbero: la buca in cui il fuoco viene alimentato per almeno 4 ore è rivestita e ricoperta di pietre di fiume, con elevata capacità refrattaria e calorifera, grazie al basso contenuti di solfuri.


Mentre il legno scalda le pietre ad elevatissime temperature, si preparano gli ingredienti che verranno posizionati all'interno di questa incandescente pentola nella terra e che la pietra contribuirà a proteggere e a cuocere in maniera molto veloce. Il riverbero delle pietre in una buca ampia permette di cuocere una grande quantità di ingredienti, carne e verdure, in circa un'ora e mezza. Sta alla bravura e all'esperienza di chi gestisce la Pachamanca decidere quando è tutto cotto. La marinatura delle carni, cambia da regione a regione, da famiglia a famiglia, ma inizia tutto da lì, viene fatta giorni prima con erbe aromatiche tra cui l'huacatay, pianta della famiglia del tagete molto amata in Perù, e peperoncini, tutto unito con la chicha, una bevanda derivata dalla fermentazione non distillata del mais e di altri cereali, o con birra o vino.



Quando le pietre hanno raggiunto i 500°C si inizia tutti insieme, tra fumo e calore, a riempire la buca con gli ingredienti, posizionandoli con cura e sapiente consapevolezza, in alto viene collocato ciò che impiega meno tempo a cuocere. Strato dopo strato dalle patate, varietà diverse di carne, fino ad arrivare alle pannocchie o alle fave, concludendo con un generoso strato di humitas. La Pachamanca a questo punto va richiusa: una volta per coprire tutti gli ingredienti si usavano erbe aromatiche e foglie di platano, ma nelle zone geografiche dove non c'è il platano e per fare più in fretta, oggi, si usano teli di tessuto che vengono sovrastati da pietre incandescenti e terra.


All'interno della buca, la cottura degli alimenti si svolge in un trionfo: se da una parte il fumo sale verso l'alto permettendo agli ingredienti di esprimere i propri succhi, che vanno a influenzare i sapori degli altri alimenti, creando uno scambio di consistenze e di gusti, dall'altra parte, per l'uomo andino, all'interno della Pachamanca si sta ricreando il sistema di scambio tra il Mondo Terreno, il Cielo e il Mondo Inferiore grazie al movimento del fumo, che si trasforma in vettore metaforico dell'energia dell'Universo. Ciò che viene messo nel piatto, alla fine della cottura, cioè quando sono pronti i tradizionali fagottini ripieni di mais, dopo lo scoperchiamento della Pachamanca e lo sporzionamento di tutte le portate, non è solo nutrimento per il corpo, non è solo un piatto saporito con pietanze umide, carne scioglievole e morbida, verdure gustose e humitas dolci e salate che riempiono la bocca di sensazioni piacevoli: il piatto che si ricava dalla Pachamanca rappresenta chiaramente il nutrimento per l'Anima che può mangiare, quindi entrare in contatto e interiorizzare le energie del Cosmo.



Ma non solo. L'immane fatica che si fa in ogni fase di questo rito trova un significato di sacralità e di celebrazione nel fatto che è condiviso: collaborando, il sudore, lo sforzo fisico, la cura per ogni dettaglio diventano una festa. Ogni componente della famiglia è presente nel piatto finale grazie all'impegno e alla cura che ha donato all'ingrediente di cui si è occupato. Per celebrare la Terra, Madre del Mondo, occorre comprendere che la fatica va condivisa, occorre recuperare una visione olistica tra animato e inanimato e percepire la comunione con l'Uno: siamo tutti parte di un unico flusso, senza dominatori né dominati. 

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