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David Wark Griffith: l’uomo che ha trasformato il cinema muto

Il regista americano ha diretto e prodotto il primo film “narrativo” della storia del cinema, innovando le inquadrature e riempiendo le ombre e i silenzi del cinema muto


David Wark Griffith sul set di Hearts of the World, 1918 | Image courtesy Roland Grant Archive


Il cinema è un’arte che ha subito moltissime evoluzioni nella sua giovane storia, il suo sviluppo è andato di pari passo con il procedere della tecnologia e il pensiero umano ne ha influenzato i messaggi e le applicazioni, come per tutte le altre arti. La magia di poter immortalare immagini in movimento ha un fascino che tuttora non ci abbandona. Le prime riprese erano esattamente questo: immagini in movimento. Non vi era una reale narrativa, esattamente come non c'è in un quadro paesaggista o in una natura morta. I cortometraggi di inizi ‘900 erano esercizi di stile ricchi di acrobazie ed effetti speciali, ma lentamente iniziava a nascere il desiderio di qualcosa di più, di trasporre racconti e romanzi su pellicola.


Duglas Fairbanks, Mary Pickford, Charlie Chaplin e D.W. Griffith, 1919


Il cinema nasce realmente quando inizia a raccontare storie, anche se le prime a essere prodotte non erano come nei film attuali, non perché fossero mute o in bianco e nero, ma perché erano veri e propri quadri viventi, riprese ampie e statiche che ricordavano più una scena teatrale che un film come lo intendiamo ai nostri giorni. I film venivano chiamati “ attrazioni mostrative” e venivano accompagnati da un narratore presente in sala che ne colmava i limiti. L’evoluzione cinematografica comincia quando, attorno al 1906, il pubblico perde quasi totalmente interesse per questa novità e urge l’esigenza di un cambiamento. Proprio in questi anni nasce quella che sarà Hollywood, sobborgo di Los Angeles, località scelta per le lunghe giornate di sole che permettevano di avere un’ottima luce per le riprese. La risposta alla crisi fu il cinema narrativo, dove lentamente la figura del narratore in sala spariva e veniva sostituita dalle didascalie che univano le scene e componevano una vera e propria storia. La potenza del cinema iniziava a cambiare nei contenuti, portava sugli schermi dei racconti e lo trasformava in un’esperienza non più elitaria, ma popolare (la crisi aveva anche notevolmente abbattuto i costi dei biglietti).


D.W. Griffit | Image courtesy Kevin Brownlow


Nascevano i primi nickelodeon, degli spazi aperti dedicati esclusivamente alle proiezioni cinematografiche per un pubblico pagante. L’esigenza narrativa ha stimolato nei produttori la volontà di investire realmente nel cinema, visto non più come attrazione, ma come un’arte alla portata di tutti e dalla quale era possibile trarre guadagni anche da parte degli imprenditori. In Italia è stato prodotto nel 1914 il mastodontico “Cabiria” diretto, prodotto e sceneggiato da Giovanni Pastrone che si è occupato anche della scenografia, con le didascalie di Gabriele D'Annunzio, e da quando questo kolossal è stato proiettato nelle sale cinematografiche nulla è stato più come prima. Le innovazioni tecniche e soprattutto narrative hanno portato ispirazione anche oltre oceano e sono arrivate agli occhi dell’uomo che cambiò tutto: David Wark Griffith. Griffith, americano, classe 1875, amava raccontare storie.


D.W. Griffith, sequenza del film Intollerance , 1916


Aveva iniziato la sua carriera come drammaturgo, ma senza successo, poi aveva tentato invano il percorso attoriale, ma presto ha capito che la sua strada era quella della creazione del film stesso. Nel 1915 ha fondato la casa di produzione Triangle Film Corporation e prodotto un film che ha cambiato la storia del cinema: “Nascita di una nazione” ambientato durante la guerra di secessione americana. Sebbene sia stato un film estremamente controverso per i suoi contenuti (William J. Simmons, il fondatore del moderno Ku Klux Klan dichiarò che il film fu "tremendamente di aiuto per il Klan”), l’opera di Griffith rappresenta il primo esempio di film “narrativo” della storia, poiché è stata la prima pellicola ad applicare il montaggio analitico. Per la prima volta il pubblico è andato al cinema per vedere una storia, per seguirne la narrazione, facendolo diventare il film più redditizio della storia del cinema muto. L'innovazione di Griffith è nell'utilizzo di inquadrature brevi che vengono poi “raccordate".


D.W. Griffith, sequenza del film Adventure of Dollie, 1908


Per farlo ha creato differenti tipi di raccordo: il raccordo sull’asse, che avviene quando due inquadrature hanno lo stesso soggetto che risulta ripreso dallo stesso punto di vista, quindi senza variare l’asse di ripresa, ma quello che cambia è la distanza tra il soggetto e la macchina da presa. Un esempio tipico è il passaggio da un piano americano a un campo lungo e viceversa. La cinepresa cambia leggermente punto di vista tra un'inquadratura e l'altra, per evidenziare un particolare o un'azione. Il raccordo di sguardo, quando un personaggio guarda qualcosa e subito dopo vediamo inquadrato l'oggetto guardato, questa tecnica permette al pubblico di immedesimarsi con il protagonista della scena. Il raccordo di movimento, dove il movimento del personaggio viene seguito dalla cinepresa per salti d'inquadratura. Non ci sono movimenti di camera, è il protagonista a muoversi e le diverse riprese lo seguono, questa sequenza dona dinamicità alla narrazione.


D.W. Griffith, sequenza del film Fiori spezzati, 1919


Griffith ha sperimentato, inoltre, il primo piano, che evidenzia le emozioni provate dai protagonisti, esaltandone la psicologia e mostrando sullo schermo dei personaggi coi quali il pubblico poteva realmente relazionarsi. “Nascita di una nazione” ha segnato la nascita del cinema che parla agli spettatori, coinvolgendoli nella storia sia con i contenuti sia con la tecnica; con questo film Griffith è diventato a tutti gli effetti il primo regista della storia del cinema così come lo intendiamo oggigiorno. David Wark Griffith ha contrassegnato le regole per colmare il silenzio del cinema muto che precedentemente era occupato solo da un narratore e da una musica di accompagnamento. La creazione di una vera e propria narrativa filmica tramite i raccordi di diverse inquadrature ha dato ai film la possibilità di creare un reale coinvolgimento visivo tra schermo e spettatore, nel buio e nel silenzio della sala cinematografica, riempiendolo con le emozioni. Possiamo affermare che la crisi dell’arte nasce quando tra l’opera e il suo fruitore non c’è più quella connessione emozionale fondamentale. Il cinema ha trovato la soluzione nel trasmettere messaggi condivisibili e Griffith ci ha insegnato che, per arrivare al suo pubblico, è necessario che l’artista si ingegni costantemente per trovare nuove strade e arrivare a nuovi e inediti, traguardi.


© Edizioni Archos

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