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Fermezza, gioco e collettività

L'approfondimento del significato di due diverse architetture dell'architetto Alvar Aalto: il “Kulttuuritalo" a Helsinki e la Chiesa a Riola Terme di Vergato (Bo)

Particolare del "Kulttuuritalo", Alppila, Helsinki, Finlandia


Frequentemente è stato messo in luce dalla critica internazionale il gesto fluido nell'opera aaltiana, confrontando i vari risultati formali che contraddistinguono le diverse opere. Più raramente si è concentrata sulle poche testimonianze rilasciate dal cantiere, dai suoi collaboratori, o da Aalto stesso; e mentre lui dichiarava la sua ammirazione per Filippo Brunelleschi e per i piccoli borghi toscani, il candore delle sue strutture abbagliavano gli spettatori, rendendo invisibile la precisione della sua filosofia costruttiva. In tempi maturi, tuttavia, la sua opera continua a sedurre e a riservare sorprese. Questo in parte è dovuto ad alcune recenti tendenze architettoniche che esaltano Alvar Aalto nella figura dell'architetto organicista; più profondamente è reso possibile dagli innumerevoli studi sul suo archivio, oltre che dai restauri che hanno coinvolto alcune sue architetture.


In tempi recenti, sono stati tanti i professionisti che hanno trovato estremamente liberatorio il suo plasticismo, spesso tralasciando l'aspetto strettamente tettonico e stereometrico, affidando alla modellazione digitale l'espressione di una nascente società fluida e dinamica. Come esamina efficacemente Wes Jones nel suo saggio (Can tectonic grasp smothness? in Log 30) le eccentricità odierne, spinte dalle capacità parametriche dei software, differiscono sostanzialmente, da “quel gioco di masse riunito dalla luce” a cui alludeva Le Corbusier, e che è testimoniato magistralmente da alcune opere del modernismo. Sotto questo punto di vista, le due opere anticipate nel sottotitolo, benché costruite con tecniche messe a punto in vent'anni e a oltre duemila chilometri di distanza, assumono un ruolo di primo piano.


Focalizzando l'attenzione sugli elementi tecnologico-espressivi che le compongono è possibile approfondire il significato di queste due diverse architetture e allo stesso tempo marcare le differenze rispetto ad alcuni campi della ricerca architettonica contemporanea, costituita dalla nascente architettura liquida così come descritta da Lars Spuybroek (L'Architettura del Continuo, 2004).


Auditorium del Kulttuuritalo, Alppila, Helsinki, Finlandia


Il muro che contiene la sala da concerti del “Kulttuuritalo” ad esempio, e che si staglia come una bandiera di mattoni rossi incagliata sulle colline di Alppila in direzione dell' (ex) quartiere operaio della capitale finlandese, è tutt'altro che artificio sensuale fine a se stesso. Esso si chiude alla città aristocratica come una grande muraglia, mentre in prossimità della strada risvolta gentilmente, accompagnando il suo popolo verso l'entrata. Una volta all'interno il plasticismo di questo elemento, struttura e definisce gli spazi del corpo principale, l'auditorium. Dall'esterno della sala, la parete ci guida ai vari ingressi alle tribune mentre dal palco la plasticità del muro di fondo struttura gli spalti in una successione di curve prima concave poi convesse, contribuendo in maniera sostanziale all'eccellente prestazione acustica.


Aalto era affascinato dalle strutture in mattoni, di cui ne aveva colto le potenzialità espressive durante i frequenti viaggi in Italia; e nonostante quella del Kulttuuritalo costituisca soltanto una cortina di rivestimento, l'architetto pose su questa finitura un'attenzione particolare. A differenza della Baker House all'interno del MIT di Boston, per quest'opera studiò appositamente un mattone di formato trapezioidale, aumentandone così le possibilità espressive sul piano verticale a superfici complesse. L'immagine di questo muro era talmente carica al livello simbolico che Aalto, d'accordo con la committenza, affidò agli abitanti del quartiere operaio la sua costruzione, definendo così una unità inscindibile tra risultato formale, espediente tecnico e future utenze.


"Baker House" Massachusetts Institute of Technology, Cambridge, Massachusetts USA


Sebbene i primi studi di Aalto per strutture autocostruite risalgono all'epoca delle A-talo (modello di case messe a punto per la ricostruzione post-bellica in Finlandia), la Chiesa a Riola Terme di Vergato (BO), unica opera del Maestro in Italia, costituisce un esempio di straordinaria partecipazione. Iniziato dopo la morte del maestro e affidato al fedele suo collaboratore, l'architetto Vezio Nava, il cantiere venne avviato grazie alla tenacia del popolo riolese dopo oltre dieci anni di stallo, riduzioni del budget e ridimensionamenti. Paradossalmente fu grazie all'intraprendenza delle figure chiamate in campo e alle necessarie semplificazioni che l'opera ha acquisito quel carattere di necessità che ne amplifica la potenza espressiva.


Gli spicchi di paraboloide che compongono il ventaglio della copertura dell'aula liturgica, sono sorretti da sette semplici archi dal profilo ricurvo in calcestruzzo armato prefabbricato. I segmenti degli archi nonché i differenti “spicchi di copertura” sono stati tutti realizzati in stabilimento; successivamente trasportati, assemblati a terra e posati in opera, riducendo così le fatiche in cantiere. Ogni “pezzo” è diverso dall'altro, per un totale di oltre settanta diverse casseforme. Numerosi furono i riolesi che presero parte ai lavori, dall'impresa di prefabbricazione, i falegnami per gli infissi, fino agli scalpellini che predisposero la facciata in “pietra del Montovolo”, la stessa pietra calcarea con la quale probabilmente erano costruite le loro case.


Facciata della Chiesa di Santa Maria Assunta, Riola Terme di Vergato (BO)


Dall'interno il ventaglio della grande copertura è un trionfo di luce e di prospettiva, risolti però con la semplicità di un popolo appenninico, senza falsi monumentalismi, in un atmosfera di profonda spiritualità ed intima connessione con le montagne e con il fiume che ne fanno da contorno. Nonostante la distanza dalla tradizione costruttiva locale, la Chiesa è difatti molto amata dalla cittadinanza che recentemente ha deciso di celebrarla contribuendo alla realizzazione di un filmato documentario (“Non abbiamo sete di scenografie”, di Roberto Ronchi e Mara Corradi) che sta calcando i più famosi festival dedicati.


Interno della Chiesa


Questi due edifici, politicamente e geograficamente così opposti, condividono quindi un approccio alla costruzione estremamente coerente, che va al di là della mano carismatica che ne ha tracciato i profili. L'architetto scompare dietro le sue stesse opere, prima ancora che si concludano, lasciando il posto a coloro che le hanno volute e costruite. E tuttavia la sua presenza rimane umilmente tangibile, nella cura del dettaglio mai osannato, nella tecnica elementare e tuttavia capace di costruire spazi di grande valenza architettonica, avvalendosi spesso di maestranze locali, a volte inesperte.


Il fenomeno della nuova architettura liquida sembra invece volersi limitare alla sfida tecnologica di padroneggiare il software: il suo giudizio è fortemente influenzato dalla qualità e dal carattere dei suoi rendering e dipende dal valore di novità che è capace di produrre. Queste nuove possibilità formali sono arrivate sulla scena relativamente non supportate dalla disciplina architettonica, definita da preoccupazioni insieme espressive, costruttive e sociali. Nel regno virtuale dell'architettura liquida la scala non esiste, la materialità è fluida e la gravità non sembra più un problema. La struttura diventa un concetto astratto piuttosto che una questione fisica. La parti ora possono essere il tutto, eliminando il concetto di giunto e di composizione intesa in termini aggregativi.


Posa delle vele in cemento armato, Chiesa di Santa Maria Assunta, Riola Terme di Vergato (BO)


Le superfici complesse sono concepite come illimitate nella loro estensione, impossibili da essere scomposte per essere realizzate in parti, trasfigurando la figura del perito architetto in una star seducente e incompresa, mettendo in secondo piano la costruzione in virtù della spettacolarizzazione. Tuttavia, almeno per ora, la dimensione in cui opera l'architettura rimane l'universo della percezione e dell'esperienza umana: ed è per questo che le opere di Alvar Aalto sono forse più attuali oggi che al momento delle loro inaugurazioni. Le sue costruzioni si confrontano con la natura e con gli uomini, senza formalismi ne astrazioni. La struttura e la luce nei suoi edifici ci riporta ai nostri bisogni primordiali, come la socialità e la spiritualità, lontano da qualsiasi tecnicismo, lontano da qualsiasi edonismo.



© Edizioni Archos

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