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Natura e arte: un Dio bifronte

Molta parte della bellezza diffusa nel mondo è nel mondo vegetale, a cui gli artisti si sono ispirati dalla notte dei tempi. La natura è la vera sede della bellezza e l'arte è lo strumento chiamato a rappresentarla


Peter Wenzel, Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, Musei Vaticani | Foto © Aurelio Candido


L’uomo contemporaneo vive un tempo caratterizzato da una crescente percezione del crollo degli ecosistemi e con essi di tutti gli equilibri che determinano la vita sul pianeta, almeno per come noi la conosciamo. In questa condizione di crescente “ecoansia”, la ricerca della “bellezza della natura del mondo” è quasi ossessione salvifica. L’uomo urbano contemporaneo la osserva nei viaggi, la rappresenta nelle riviste satinate, la protegge, almeno a parole, nei paesaggi e nelle aree protette. Che poi l’abbia anche vilipesa, danneggiata, mortificata, distrutta, come in nessun’altra epoca, è un altro affare! Nella quotidianità della gran parte delle periferie urbane, porzioni omeopatiche di bellezza sembrano infatti essere sufficienti per la maggior parte degli uomini e delle donne disposti sempre più a relegare alla straordinarietà dei giorni di festa l’accesso a un bene primario sul quale costruire la propria visione di mondo.


La “questione ambientale”, il crollo della biodiversità e la riduzione della fornitura di servizi ecosistemici, le guerre sempre più estese, l’economia divorante fanno si che il tema della “bellezza della natura” risulti argomento abbastanza futile, certamente non al centro delle agende politiche e degli sakeholder. Da sempre l’uomo ha posto attenzione al concetto di bellezza e per molti secoli i filosofi avevano ripetuto che la bellezza naturale era un fenomeno marginale, un semplice riflesso della bellezza artistica e a essa apertamente inferiore (Paolo D’Angelo 2023, Estetica della natura, Laterza) seppure nel Trattato della Pittura, Leonardo sostenga che le “giuste proporzioni” hanno origine proprio nella “bellezza della natura”. La sezione aurea è un canone di bellezza nell’arte e in natura.


L'armonia delle proporzioni, la simmetria, l’armonia delle forme e dei colori rappresenteranno elementi centrali del concetto di bellezza nel rinascimento. È solo a partire dall’800 che la natura diviene la vera sede della bellezza, e l’arte lo strumento chiamato a rappresentarla. Nessun’altra epoca come quella attuale però è stata così attenta alla bellezza della natura. Sul pianeta terra la biomassa della vita è distribuita in modo decisamente difforme: il 97,3% è rappresentata dalle piante, il 2,7% dagli animali, di questi i due terzi sono rappresentati dagli insetti. Solo lo 0,01% dell’intera biomassa presente sul pianeta è rappresentato dalla specie Homo sapiens. Dunque noi non rappresentiamo la regola: né per frequenza, né per architettura dei nostri corpi, né tanto meno per il modello del loro funzionamento.


Se la bellezza è diffusa nel mondo in modo uniforme, una gran parte deve dunque necessariamente essere contenuta nel mondo vegetale. L’eleganza del vivere vegetale non è appariscente. Non è un accumulo di orpelli e di esibizionismi. Tutte le caratteristiche delle piante rispondono a una specifica funzione: forma, colore e portamento di ciascuna pianta o di ogni sua parte hanno un compito da svolgere, nulla è superfluo o inutile. Esse sono tra le forme più alte di eleganza prodotta dalla natura! Con semplicità e grazia ogni parte della pianta assolve a una funzione e collabora con le altre parti. Ogni sua evoluzione è necessaria, non superflua, è in armonia con le altre parti della pianta stessa e con l’ambiente circostante.


Le piante sono un laboratorio perfetto di efficenza e partecipazione. La vita vegetale permette la “vita fisica” dell’uomo fornendo nutrimento, energia, farmaci, materiali da costruzione e ogni altra risorsa necessaria per la sua sopravvivenza ma nutre anche la sua “esistenza interiore” provvedendo al benessere percettivo, all’ispirazione artistica, a nutrimento della creatività. Da sempre l’uomo è attratto dalla bellezza della natura, molte delle sue opere hanno trovato fonte di ispirazione e densità creativa osservando piante e animali e sarebbe lunghissimo l’elenco delle opere di ogni tempo che illustrano il paradiso come luogo vegetato e ricco di fauna e l’inferno come luogo afitoico e azoico.


Queste condizioni simboliche nelle quali l’uomo si trova a vivere la propria, a volte misera esistenza, sono sempre accompagnate da rappresentazioni di natura. Prove tangibili di questa “forma di nutrimento per l’anima” sono molte rappresentazioni pittoriche di grandi artisti come Botticelli, Hieronymus Bosch, Albrecht Dürer e molti altri ancora, fino ad arrivare ai murales di giovani street artist. In un mondo caratterizzato dalla “plant blindness” una vera e propria patologia che secondo molti scienziati contraddistingue l’uomo contemporaneo rendendolo cieco al mondo vegetale, (Umberto Castiello, 2019 La mente delle piante. Introduzione alla psicologia vegetale, Il Mulino) troppo spesso definito da un mero colore (il verde) c’è da chiedersi in quale misura la natura possa essere oggi autentica sorgente di creatività.


Ogni giorno le piante “fanno mondo” rappresentando la “ forza cosmogonica più importante sul nostro pianeta: sono loro le nostre ultime divinità. Sono loro ad aver prodotto il mondo così come lo conosciamo e lo abitiamo. Sono loro a mantenerlo in vita.” (Emanuele Coccia, 2018, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Edizioni Il Mulino). Bene primario, la bellezza è la REGOLA DELLA NATURA. “Bello è un aggettivo che usiamo sovente per indicare qualcosa che ci piace. Sembra che , in questo senso, ciò che è bello sia uguale a ciò che è buono e infatti in diverse epoche storiche si è posto uno stretto legame tra il Bello e il Buono” (Umberto Eco, 2018, Storia della Bellezza, Bompiani).


È quindi sempre più necessario e urgente occuparsi della capacità della natura di generare esperienze estetiche e di “nutrire” il pensiero e l'espressione dell’uomo, non solo la sua bulimica fame di consumo materiale. È fondamentale educare alla bellezza, all’allenamento e all’osservazione per recuperare il “desiderio di bellezza” dentro e intorno a noi. Chi si ferma più a guardare il contorno di una foglia, il colore e le sue variazioni, le sue nervature? Sembra che nessun rallentamento sia possibile nella folle cerebralità umana. Osservare le piante con la loro bellezza nelle forme, colori, struttura, la complessità delle funzioni e relazioni, l’armonia, l’essenzialità, l’eleganza del loro vivere silenzioso, ci offre una grande opportunità. Esistono anime, quelle degli artisti, degli scrittori, dei poeti, che non possono allontanarsi dalla natura, perché sanno di essere albero, sasso e animale. Essi sono consapevoli del fatto che la scissione materia/spirito è l’origine di ogni catastrofe autoprodotta. L’arte è in grado di ricomporre, riplasmare, ricreare l’infranto.


La crisi – diventata dimensione permanente della vita occidentale – può essere, come affermava Einstein, una grande opportunità però: “non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose”, diceva. L’arte è in grado di dislocare i punti di vista, instillando possibilità creative alternative alla meccanicità del sistema di produzione e accumulo. L’opposizione arte-natura necessita di essere decostruita “Natura e Arte sono un dio bifronte che conduce il tuo passo armonioso per tutti i campi della Terra pura.” (Gabriele D’Annunzio, Alcyone, “Il fanciullo”). Goethe scriveva: “Colui al quale la natura comincia a svelare il suo segreto manifesto, sente irresistibile nostalgia per la più degna interprete di essa, l’arte”. Sarà coniugando le esperienze: scientifica (catalogare, studiare), artistica (liberare, rappresentare) politica (normare, pianificare) e spirituale (comprendere) che si potrà, forse, generare una consapevolezza collettiva atta a diventare la più importante conquista dell’umanità.

 

 

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