I “libri aperti” di Dominique Robin
La Fondazione Giorgio e Armanda Marchesani presenta a Venezia l’artista francese con in mostra una serie di creazioni di libri in piccolo formato (16×11 cm) e stampati in tirature limitate

Dominique Robin, 10 poemes syllabiques en forme de pierre plate, 2022
Ci sono tanti libri nelle mie creazioni, non solo perché a volte li scrivo ma anche perché possono essere i temi delle mie installazioni oppure perché queste installazioni sono anche libri d’artista. Inoltre, spesso le mie opere assomigliano a un grande libro, sono create per essere come dei libri aperti dove il pubblico è invitato a fare una passeggiata. Infine, alcune delle mie creazioni hanno quattro forme: libro d’artista, libro-installazione, libro pubblicato e spettacolo...
Dominique Robin
I libri di Dominique Robin sono di piccolo formato (di solito misurano sedici centimetri di base per undici di altezza) e vengono stampati in tiratura limitata (dai trenta ai sessanta esemplari). L’artista cura ogni parte e ogni dettaglio del progetto: scrive i testi, realizza le immagini e si occupa della grafica. Il risultato non è solo un prodotto editoriale estremamente raffinato, ma anche e soprattutto un microcosmo concettuale attorno al quale e dal quale nascono cicli artistici qualitativamente e quantitativamente significativi, che spesso perdurano nel tempo e assorbono le energie creative dell’autore. Alcuni percorsi, prima che il volume veda la luce, durano anni, lustri e perfino decenni. E ancora, dopo la stampa, la ricerca innescata dal progetto editoriale può continuare a lungo.

Dominique Robin, À mi mot (2017-2021)
Disegni, dipinti, fotografie, video, sculture, installazioni e ready made più o meno modificati vengono realizzati prima, durante e dopo la produzione del libro dando vita a serie creative che si sviluppano per dare forma al libro o grazie al libro. Benché disegni, dipinga, modelli e produca manualmente con abilità non trascurabile tutte le sue opere, benché la componente artigianale sia sempre presente e assuma un ruolo importante nelle sue creazioni, benché il lavoro in studio sia una disciplina esercitata quotidianamente, Robin è innanzitutto un artista concettuale. Prima delle immagini, prima delle parole, prima della tecnica nasce l’idea.
La sua arte è sempre frutto di un pensiero, di un processo mentale. È il progetto a determinare il modus operandi con il quale verrà realizzato e non il contrario. Di conseguenza il rifiuto dell’adozione di elementi formali costanti che conferiscano riconoscibilità all’opera: non si riscontra un “marchio di fabbrica” e viene rigettata l’idea stessa di stile. Anche se i libri presentano caratteristiche comuni (dimensioni, formato, tiratura), i linguaggi espressivi contemplati sono sempre differenti gli uni dagli altri. E se si riscontrano consonanze tra alcune opere è perché appartengono allo stesso ciclo che, come detto sopra, viene sviluppato con una sua coerenza interna e che può protrarsi per un arco temporale ampio.

Dominique Robin, Retour impossible du bleu, 2015-2022
La scansione delle sale non è una semplice successione cronologica dei volumi pubblicati o da pubblicare: l’allestimento vuole piuttosto accompagnare il visitatore attraverso i temi affrontati e scandagliati dall’artista. A titolo di esempio, senza voler costringere ogni libro in una definizione chiusa e forzatamente apodittica, si può affermare che Retour impossible du bleu, che nell’edizione in lingua italiana diventa Ritorno impossibile dell’azzurro, è dedicato al colore; La maison oubliée è una riflessione sulla labilità e sulla persistenza della memoria; À mi-mot, nonostante le protagoniste siano pietre mute, abborda il tema del linguaggio e delle infinite possibilità offerte dalla sua struttura, mentre 10 poèmes syllabiques en forme de pierre plate, che percorre sentieri paralleli, indaga l’atto della lettura nell’utopico proposito di rappresentare l’azione di leggere come se fosse un oggetto raffigurabile con segni e colori; Mahicanituk (che ancora una volta in parte utilizza e in parte si ispira alla pietra come veicolo di forme, simboli e messaggi) e Alàpa parlano della ricerca e della cancellazione violenta delle radici dei popoli, in particolare delle minoranze e, in ultima analisi, degli individui; Le lièvre gioca con i codici della cartografia deviandoli e forzandone i limiti fino al sogno di una geografia dei momenti vissuti e delle emozioni provate; Autour d’elle, che racconta millesimo di secondo per millesimo di secondo la caduta di una donna da un tetto, altro non è che un tentativo di rappresentazione di un corpo in movimento attraverso il tempo e lo spazio, problema che ha affascinato e tormentato molti tra i più grandi artisti della storia dell’arte.

Infine negli spazi della Fondazione Marchesani di Venezia si incontra una sala anomala, alla quale vale però la pena accennare. È senza libri, con un grande tavolo sul quale sono disordinatamente appoggiati strumenti di lavoro e opere in corso di realizzazione. Si tratta di una sorta di open studio nel quale l’artista si reca a lavorare nel periodo di apertura dell’esposizione, senza orari predefiniti e senza conferire alla sua presenza l’allure della performance: è una prassi che Robin cerca di mettere in atto in occasione delle sue mostre, ogni volta che si presenta la possibilità, per avere un’opportunità di contatto diretto con il pubblico e per presentare nella maniera più immediata possibile la sua idea di fare arte. Senza retorica e senza filtri. Ai critici e agli storici dell’arte, ai galleristi e ai collezionisti, in una parola a tutti gli specialisti della materia che gli pongono la consueta e fatidica domanda “Su cosa lavori?”, nel tentativo di incasellare l’autore in categorie precostituite e convenzionali, Dominique Robin risponde sempre: “Lavoro sul tavolo del mio atelier”.

LIBRI APERTI
DOMINIQUE ROBIN
a cura di Michele Tavola
Fondazione Giorgio e Armanda Marchesani
Dorsoduro 2525 / Fondamenta Rossa 30123 Venezia - Italia
dal 16 marzo al 13 aprile 2025
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