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Il pane tra storia e arte

Aggiornamento: 1 giorno fa

Il pane è un alimento fondamentale per l'umanità, cibo ma anche simbolo di pace, cultura e condivisione. Nell’arte è stato rivisitato nei suoi molteplici significati e forme, così è possibile ripercorrere la Storia dell'Arte e contemporaneamente quella del pane


Paul Cézanne "Natura morta con pane e uova" - Cincinnati Art Museum


Per i nostri vecchi, guai gettare via il pane. Per loro, vietato lo sperpero di cibo benedetto, del corpo di Cristo in fondo. A farlo, si rischia di restare di gesso. “Buono, come un pezzo di pane”, si dice, a rammentare tale parentela divina. Nei Promessi sposi, materia purtroppo di interrogazioni nel ginnasio della scuola classica, il pane occupa un posto importante. L’assalto ai forni trasforma la folla in una massa scatenata che altera la fisiognomia persino ai vegliardi, irriconoscibili nel furore contagioso.


La rivolta del pane nella realtà storica, ripresa dallo scrittore milanese, data l'11 novembre 1628. Renzo giunge in città proprio durante la sommossa. Vede per strada una polvere bianca, in un primo momento scambiata per neve. Sono invece pani bianchi, quelli dei giorni di festa, abbandonati. Ne raccoglie qualcuno con vergogna, perché gli pare di rubarlo. Di fronte alla carestia, il gran cancelliere spagnolo Antonio Ferrer impone ai fornai, odiati dal popolo, di abbassare il prezzo del pane, non quello della farina. Non sempre, non da tutti sono odiati i fornai. Forse nella nobile compostezza de “La Velata” del 1516, Raffaello raffigurava Margherita Luti, detta la Fornarina, modella prediletta nei suoi dipinti. Era infatti la figlia di un fornaio trasteverino, Francesco Luti. Affacciata alla finestra di una casa romana di via S. Dorotea, dove c’era anche il forno del padre, la vede il pittore, e se ne innamora all’istante.


“Pane e cioccolata” è un film del 1973, regia del commediografo Franco Brusati, con Nino Manfredi nei panni dell’emigrante in Svizzera alle prese con il razzismo locale. Assunto come cameriere ciociaro in un prestigioso ristorante, viene licenziato e ridotto alla clandestinità perché orina su un muretto. Arriva a tingersi i capelli di biondo e a fingersi nordico, per tradirsi poi da italiano mentre esulta per un goal in un bar mentre assiste alla telecronaca di una partita della nostra Nazionale.


Salvador Dalì "Il cestino del pane" 1926 - Salvador Dalì Museum, Saint Petersburg Florida


Nel ’68 era molto trendy la compagnia americana Bread & Puppet, diretta da Peter Schumann, di origini tedesche, che portava per le strade parades di pupazzi mascherati a citare la Bibbia e a deprecare la guerra in Vietnam; carnevalata ideologica incrociata con le soluzioni adottate da Dario Fo in uscita polemica dalle sale borghesi in cerca di pubblici alternativi. Alle porte di Treviso, a Lancenigo di Villorba, Mirko Artuso, attore dalla lunga militanza, tra cui sinergie importanti con Marco Paolini del celebre monologo sul Vajont, ha fondato nel 2018 Il Teatro del Pane, sulla scia del Teatro delle Ariette, storica compagnia che sugli Appennini tosco emiliani offre spettacoli di narrazioni, apparecchiando la tavola e servendo una cucina eccellente all’insegna del genuino e del naturista.


Ora, il pane accompagna da sempre la storia dell’uomo sin dai tempi del passaggio dalla caccia all’agricoltura. Nei bassorilievi assiro-babilonesi, negli affreschi delle tombe egizie così come negli scavi di Pompei, spuntano scene conviviali in cui il pane spicca in mezzo al cibo ospitato in spazi allusivi a panetterie. Stele funerarie mostrano donne che macinano cereali. Nel Medioevo il processo che porta dal grano al pane attraverso la farina diviene duro lavoro per il nutrimento, non più fonte di piacere. Solo alla fine di questo periodo rispuntano banchetti e feste, con tavole imbandite.


Qui, il pane si rappresenta allora quale simbolo dell’eucarestia e insieme cibo interclassista. Nella leonardesca “Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, colpisce l’attenzione ai dettagli. Piatti e bicchieri riempiti a mezzo contornano i tanti pani appoggiati sopra la tovaglia dal ricamo azzurro. Nel Rinascimento e nel Barocco il pane assurge spesso a protagonista delle tele, collocato quale forma viva tra nature morte, dichiarandosi fonte di energia. In “Natura morta con pani, prosciutto, pasticcio e ghiacciaia” del napoletano Giuseppe Recco, datata a metà del ‘600, si esalta l'arte culinaria campana, grazie alla presenza di un pasticcio in crosta. Gli risponde idealmente nel ‘700 il milanese Giacomo Ceruti, detto Il Pitocchetto, con la sua “Natura morta con pane, salame e noci”.


Caravaggio "Cena in Emmaus" - National Gallery, Londra


A sua volta Gustave Courbet ne “Le vagliatrici di grano” del 1854 trasforma la fatica della giovinetta in un armonioso gesto danzerino, mentre un’altra creatura ostenta la stanchezza causata dalla medesima prestazione. Un fanciullo nel frattempo spia nella madia se vi è rimasto del cibo. Costantino Nivola, il grande scultore barbaricino di forme nuragiche astratte, appaiate a quelle di Henry Moore, poi trapiantato negli States, in “Memorie di Orani” del 1996, uscito otto anni dopo la sua morte, rievoca nella sua infanzia l’effetto di muru pringiu, il muro incinto, ovvero l’allucinata ricezione della madia in cui si forma il pane che pare lievitare tanta la fame dei piccoli in attesa. Ancora, i campi di grano assolati, i gialli luminosi e febbrili sotto l’azzurro del cielo, nei tanti dipinti di Van Gogh. Qui, i covoni presso cui riposa tramortito dal caldo e dalla fatica il contadino di turno, risposta al medesimo motivo che si esalta con sottotesti amorosi nelle immagini di Michetti, da cui D’Annunzio ricava lo spunto per la tragedia onirica de “La Figlia di Iorio” nel 1904.


Il grano, addomesticato almeno da dieci mila anni, diffusosi man mano in tutte le aree temperate del mondo, generando miti e divinità garanti della fertilità, da merce scarsa, deperibile in quanto difficile da conservare e trasportare, è diventato una risorsa come il petrolio o il carbone, veicolato in immense quantità da pochi giganti mondiali. E guerre si scatenano nei suoi traffici. Questo, a partire da metà Ottocento, quando si afferma rapidamente un sistema di approvvigionamento del pane quotidiano vitale per l’aumento della popolazione mondiale dagli ottocento milioni nella metà del XVIII fino agli otto miliardi nel 2022.


Intanto, spariscono le grandi carestie che avevano segnato la storia umana. Nella storia del mondo, l’aumento del prezzo del pane provoca disordini, innesca rivoluzioni. Si pensi al generale Bava Beccaris e ai colpi di cannone sparati contro la popolazione che protesta nel 1898. Cannonate impietose collegate al pane, grande e piccolo intrecciati in modo sinistro. Il Molino Stucki dalla Giudecca, architettura neogotica a ridosso del secolo breve, vede migliaia di lavoratori come nell’Arzanà dantesco della Repubblica Veneta, ideato dal geniale imprenditore svizzero Giovanni Stucki. In cambio di tanta operosità, costui, nel 1910 alla Stazione di Venezia, viene ucciso da un suo operaio mutilato in un incidente del lavoro. Oggi, l’enorme edificio è un hotel e un condominio di lusso nella gentrificazione dell’isola.

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