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Design al femminile: Charlotte Perriand


Parigi anni venti, Le Corbusier vs Perriand o viceversa? La storia della donna e dell'artista vista attraverso il suo rapporto con il grande architetto

Le esperienze artistiche di una donna-jana (fata) che ha attraversato il '900, ignara del solco profondo lasciato dietro di sé, diventando ambasciatrice di un'isola, i

Charlotte Perriand a Choshi, 1954

Charlotte Perriand è una di quelle figure che, per talento, fermezza e modo di comportarsi, hanno accompagnato la crescita di ogni giovane architetto della mia generazione.

Così come è stato per Jean Prouvé, Le Corbusier, Alvar Aalto e tutto quell'incredibile gruppo di artigiani ed esploratori. Solo che Charlotte Perriand ho avuto la fortuna di conoscerla e frequentarla. Charlotte era molto bella, anche a 80 anni: grandi occhi luminosi e spalle diritte. Andava su e giù da quella minuscola scala di casa sua come se fosse un'adolescente.

Ed era così anche nel suo lavoro: concreta e sognatrice, sempre vitale.

Renzo Piano

Quando la ventiquattrenne Charlotte Perriand entra nello studio di Le Corbusier in rue de Sèvres, 35 a Parigi nel 1927, e gli chiede di assumerla come designer di mobili, la sua risposta è concisa: “Noi non ricamiamo cuscini qui” e le mostra la porta. Pochi mesi più tardi Le Corbusier si sarebbe scusato. Dopo essere stato condotto da suo cugino Pierre Jeanneret a vedere il Bar Sous le Toit, che la Perriand aveva realizzato in vetro, acciaio e alluminio per il Salon d'Automne a Parigi, Le Corbusier la invita a unirsi al suo studio. Siamo negli anni ’20 ed evidentemente Le Corbusier è ancora convinto che la donna fosse una figura complementare alla figura maschile, tanto più se quest’ultima è geniale e narcisista. Ma Charlotte si propone come antesignana di un certo modo di essere architetto “di sinistra”, anticipando, con la sua autonomia, il movimento femminista.

Ancora oggi è imbarazzante verificare che alcuni straordinari prodotti di design in circolazione, come la chaise longue o la siège pivotant vengano contrassegnati dalla sola sigla L.C. che ne identifica l’autore, mettendo in ombra il ruolo determinante che la Perriand ha avuto durante la progettazione del prodotto industriale, per esempio la seconda (LC7) venne disegnata da C. P. nel 1927 per il suo appartamento di Place Saint-Sulpice a Parigi, esposta prima al Salon des Artistes Décorateurs del 1928 nella Salle à Manger e successivamente al Salon d’Automne nel 1929, venendo integrata solo successivamente nella collezione co-firmata da Le Corbusier, Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand, che annovera vari mobili che hanno “fatto” la storia del design. Per lo studio di Le Corbusier era la persona competente che veniva incaricata del progetto dell’arredamento degli edifici progettati. Nel 1930 intraprende un lungo viaggio in Unione Sovietica, che la mette in contatto con l'ambiente fertile di idee del costruttivismo russo.

Nel 1933 è una delle poche donne a partecipare al IV CIAM ad Atene. Lascia definitivamente lo studio di L.C. nel 1937, dopo quasi dieci anni di una straordinaria esperienza professionale, alla ricerca di una indipendenza anche sul piano culturale. Ma la molla che fa scattare la separazione è una lettera indirizzata da Corbu al cugino Pierre e a Charlotte, rimproverandoli di “giocare alle sue spalle”, con una relazione ritenuta troppo ingombrante per lo studio: la Perriand va a trovare LC di sera nel suo atelier. “Appena mi vide entrare, mi disse: “Andiamo, non fare scenate”. “No, Corbu, abbiamo chiuso, non ci sarà nessuna scenata, perché lascio l’atelier”. “E non te ne importa niente?”. “No, non me ne importa più”. Il mio cuore era troppo piccolo per sopportare tanta sofferenza, così, esasperata, purtroppo aggiunsi: “Avrò sempre una grande ammirazione per il tuo lavoro, Corbu, ma per l’uomo, non so”.”

(da C. Perriand, “Io, Charlotte. Tra Le Corbusier, Léger e Jeanneret”, Laterza, Roma-Bari, 2006)

Sedia nera- LC1

Nel 1940, mentre la Germania hitleriana sta invadendo la Francia, Charlotte si imbarca per il Giappone, dove è stata invitata a tenere un seminario sul nuovo design. Lavora attivamente con gli studenti dell’Istituto di Design Industriale di Sendai, che la prendono a riferimento essenziale; innestando cultura europea con saperi orientali, realizza prototipi come la “chaise longue” in struttura d’acciaio e bambù, la sedia in struttura in legno e sedile in bambù, il tavolino da letto con struttura in bambù e ripiano laccato.

Oltre a produrre idee e progetti, la Perriand si “abbevera” alla filosofia, impregnata di spiritualità, orientale: “L’armonia dell’habitat non può essere creata indipendentemente dall’architettura e dall’urbanistica. Sarebbe vano pretendere di crearla solo attraverso l’arredamento, perché essa è determinata anche da elementi esterni quali l’ubicazione, l’orientamento, la quantità della luce. L’habitat non deve solo realizzare i dati materiali, ma deve anche creare le condizioni indispensabili all’equilibrio umano e alla liberazione dello spirito. Bisogna qui prendere posizione.

Vogliamo fare il pieno o il vuoto? Questa domanda apparentemente ridicola ha la sua importanza. Per certuni il vuoto è il niente o la povertà; per altri, la possibilità di pensare e di muoversi. Il monaco occidentale, nella sua cella, ha scelto il vuoto per meditare e raggiungere una grande concentrazione. Il teismo, in estremo Oriente, esalta la religione del vuoto, come viene espressa da Okakura nel suo Libro del tè: ‘È soltanto nel vuoto che risiede veramente l’essenziale. Il vuoto è onnipotente perché può contenere tutto. Nel vuoto, solo il movimento diviene possibile. Applicato all’arte, questo principio trova espressione nella suggestione. Non dicendo tutto, l’artista lascia allo spettatore l’occasione di completare”.

(da C. Perriand, “Io, Charlotte. Tra Le Corbusier, Léger e Jeanneret”, Laterza, Roma-Bari, 2006)

Tokio Chaisse Longue 522 - Charlotte Perriand

Nel 1941 cura l’esposizione “Tradizione, selezione, creazione”. Dopo l'entrata in guerra del Giappone con gli Stati Uniti, viene segregata e impossibilitata a tornare in Francia, dove rientra solo nel 1946 con il nuovo marito e la figlia avuta in quegli anni. La vita professionale riprende con nuove e antiche collaborazioni.

Oltre al rapporto con Le Corbusier, con cui torna a collaborare disegnando gli arredi dell'Unità di Abitazione di Marsiglia, la Perriand disegna alcune sedi delle agenzie Air France. Passa poi a “specializzarsi” nell’architettura per la montagna, sua grande e vecchia passione, realizzando alberghi, rifugi, chalets e stazioni sciistiche in Alta Savoia, di cui era originaria la sua famiglia.

Nel frattempo è andata accumulando esperienze con il pittore Fernand Léger, con Jean Prouvé, con José Luis Sert, con Lucio Costa ed altri importanti architetti, in un continuo itinerario attorno al mondo, da Brasilia a Tokyo a Pechino, interrottosi solo con la sua morte, avvenuta nel 1999, all'età di 96 anni, a Parigi. Charlotte Perriand ha ricevuto molti riconoscimenti e le sono state dedicate retrospettive della sua opera: solo recentemente è stata realizzata, sotto la supervisione di sua figlia Pernette e di Jacques Barsac, e con il sostegno di Louis Vuitton, la “Maison au bord de l’eau”, presentata in occasione di Art Basel, a Miami Beach nel dicembre 2013.

Articolo pubblicato su ArtApp 15 | LA DONNA

 

Chi è | Carlo Pozzi

Professore ordinario di progettazione architettonica presso la Facoltà di Architettura dell'Università G. D'Annunzio di Pescara. Svolge attività di ricerca specialmente sul tema del'Urban Sprawl longo la costa medio-adriatica.

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© Edizioni Archos

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